di Edvige Danna, Università Niccolò Cusano
L’arte diventa patrimonio culturale anche attraverso le dinamiche amplificative determinate dall’utilizzo del digitale, il quale ontologicamente determina fenomeni di partecipazione e condivisione. I new media e le applicazioni inscritte all’interno, come i social network, si avvalgono di varie produzioni artistiche sotto una logica di manipolazione, che Stefano Martelli, riprendendo Vattimo, definirebbe di ripresa-mantenimento-distorsione (Martelli, 1999)[1]. In una prima fase appunto si riconsiderano elementi e tradizioni del passato, successivamente si sceglie di mantenerle, per poi rivestirle con una veste contemporanea e figlia dei tempi informatizzati, legati all’entertainment e al divertissement.
L’attenzione verso l’arte è oggi anche da considerare come simbolo di un particolare status sociale, in quanto presuppone una formazione approfondita e una sensibilità culturale ampia. Appare quasi come un elemento di spessore sociale, una caratteristica che eleva l’essere umano.
Facendo un’analisi contenutistica sul social network Instagram, attualmente tra le piattaforme digitali più utilizzate nel paese, si evince la formazione di pagine che riprendono un ritorno alle tradizioni. Si sono suddivisi i profili per macrocategorie tematiche, all’interno delle quali viene promosso un avvicinamento alle tradizioni con un’aggiunta di elementi eclettici innovativi. Le categorie di interesse sono le seguenti: arte, linguaggio, moda, paesaggio e cibo.
Per ciò che concerne l’arte per esempio, all’interno della pagina @artmemescentral, viene accostata all’ironia dei cosiddetti “meme”, vignette che hanno lo scopo di suscitare il riso, la tradizione e elementi della cultura popolare. In una chiara ottica prosumeristica,dove il consumatore di una dieta mediatica diventa altresì produttore, i contenuti artistici che riprendono le opere d’arte della tradizione, vengono manipolati, rielaborati e intrisi di nuovi significati e nuove prospettive semantiche.
Tra i vari contenuti che appaiono in rete si sono inoltre analizzati quelli facenti riferimento alla lingua italiana, in particolare le declinazioni dialettali che si inseriscono all’interno di quel fenomeno che il sociologo Stefano Martelli ha definito: g-localizzazione, ripreso anche da Zygmunt Bauman, il quale insiste a ritenere che le forze locali si sforzano costantemente per attenuare l’impatto dei processi globali[2]. Secondo tale concetto diventa pregnante una riscoperta delle tradizioni culturali locali e una chiusura verso la globalizzazione che ha, in qualche modo, dato adito a processi di spaesamento e di relativismo. Trovandosi impossibilitati a reagire e a comprendere in profondità l’alterità, alcuni si rifugiano su fenomeni che paiono essere testimoni e promotori di ricordi di un’infanzia serena e linearmente determinata, in cui nulla poteva accadere al di fuori della routine tradizionale. Esempio di tale dinamica sono le pagine di dialetti locali che emergono sui vari social network, dove si riscontra una volontà di ritorno al passato e un’attenzione particolare agli insegnamenti degli anziani: @piemontays, @aemilians e @romeismore, rispettivamente legati a Piemonte, Emilia Romagna e Lazio.
Nel campo della moda un brand che ha lavorato in una direzione di ripresa ed esaltazione dei contenuti artistici della tradizione culturale è Uniqlo, azienda di abbigliamento giapponese attenta ai temi della sostenibilità. La società ha creato collaborazioni con vari musei tra cui il MOMA di New York e il Louvre di Parigi, dando modo anche ai più giovani di indossare un’opera d’arte e diffondere, con uno street style look, simboli del patrimonio culturale mondiale.
Altro interessante esempio nel campo dell’abbigliamento è il brand italiano T-Shura, il quale fa leva sulla figura rassicurante della sciura (nonna) che detiene nella sua figura tradizioni e sicurezza, fermezza e coerenza, a discapito di una società liquida e basata sul rischio come chiarisce Ulrich Beck[3]. Emerge anche un intero profilo social dedicato a questa figura, dal nome @sciuraglam, che ripercorre la quotidianità della sciura milanese, impegnata a fare compere e a sfoggiare capi sofisticati.
A contrastare la velocità e l’immediatezza del tempo emerge in rete, un profilo che presenta regole stilistiche ben precise per la pubblicazione dei suoi contenuti. Denominato @vita______lenta e curato da Gian Vito Fanelli, il profilo si impegna a mostrare la bellezza del paesaggio italiano, riportando frammenti di attimi quotidiani. Il filmato ha una durata di 15 secondi e riprende per tutto questo breve lasso di tempo uno stesso punto, facendo apparire sulla scena chiunque capiti davanti. L’idea è far percepire lo scorrere del tempo, la calma che ogni attimo conserva, ponendo l’attenzione sul vivere, piuttosto che sul vissuto.
Nel concludere questa analisi non si può non fare riferimento alla cucina italiana, elemento chiave della tradizione culturale del paese. La cucina, negli ultimi anni, sta riscoprendo il piacere dell’artigianalità e della tradizione. Il minimal di una cucina gourmet e di alto livello è stato spodestato dall’abbondanza e dalla genuinità dei prodotti. L’attenzione al gusto per il pulito, patinato, l’esteticamente perfetto viene sostituito dal piacere per l’imperfezione e la naturalezza. Emerge la voglia di un ritorno all’autenticità del locale e del tradizionale.
Alcuni tra i più importanti esempi nel panorama italiano sono @fattoincasadabenedetta, programma televisivo di grande successo per la semplicità della conduttrice e la vicinanza con la natura, celebrata nella trasmissione. @cucinaconruben e @franchinoercriminale sono due modelli diversi di trattare la cucina, ma con lo stesso intento di base: cioè celebrare la tradizionalità degli aspetti culinari locali. Il primo cucina da un luogo non convenzionale, il balcone di casa sua, utilizza un linguaggio semplice e dialettale, sia avvicina a un audience popolare che apprezza la qualità e la sostanza dei piatti, piuttosto che la forma. Il secondo influencer si impegna a recensire piccole rosticcerie, panetterie e botteghe locali, spazia nelle varie città italiane, usa un linguaggio schietto, con cadenza romana. Fa leva sulla sincerità e, ancora una volta, sulla semplicità e la tradizione culinaria.
Concludo illustrando una realtà invece più strutturata, che ha creato una vera e propria catena di negozi impegnati a promuovere un cult della cucina italiana: la pasta. Si tratta di Mi Scusi, presente nel Nord Italia, celebra la lavorazione del prodotto inserendo in vetrina un collaboratore che si occupa di lavorare la pasta sul campo e spiegare anche ai clienti all’interno del locale come viene fatta la ricetta che poi gusteranno. La vicinanza tra produzione e consumo, la visione di tutto il processo lavorativo contribuiscono ad innalzare la percezione della qualità del prodotto, nonché ad innescare sentimenti di fiducia e ricordo per i momenti vissuti nelle cucine domestiche. In questa sede il fenomeno della vetrinizzazione, spiegato dettagliatamente da Vanni Codeluppi, non è utilizzato per celebrare la perfezione del risultato e della forma, processo tipico delle classiche vetrine d’alta moda, ma diventa forma espressiva di un processo e di un’artigianalità rassicurante.
La riflessione che scaturisce da questa analisi vuole sollevare l’attenzione su un tema che sembra essere di marginale importanza, ma che denuncia, nuovamente, quanto il pubblico abbia ancora bisogno di riconoscersi in momenti vissuti in un tempo dove, la calma e l’autenticità ragnavano contro una perfezione di apparenze.
Edvige Danna
Edvige Danna è una dottoranda in Management for Digital Transformation presso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Si occupa di approfondire i processi culturali e comunicativi, in particolare il concetto di etica del digitale, declinandolo in ambito educativo e normativo.
Laureata in Comunicazione e Culture dei Media presso l’Università di Torino, ha poi ampliato i suoi studi con un master di ricerca in Digital Marketing che le ha permesso di conciliare la teoria con la pratica.
Attualmente sta svolgendo un periodo di ricerca all’estero presso la Gust University for Science and Technology in Kuwait per approfondire i livelli di responsabilità e consapevolezza dei giovani studenti con l’utilizzo delle nuove tecnologie.
References
Vanni Codeluppi, 2021, Individui e società in scena, Bollati Boringhieri, Torino.
Maffesoli Michel, 1996, La contemplazione del mondo. Figure dello stile comunitario, Costa & Nolan, Genova.
Martelli Stefano, 1999, Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Editrice La Scuola, Brescia.
Morcellini Mario, 2020, Antivirus. Una società senza sistemi immunitari alla sfida del Covid-19, Lit: Edizioni Castelvecchi, Roma.
[1] Martelli Stefano, 1999, Sociologia dei processi culturali. Lineamenti e prospettive. Editrice La Scuola, Brescia.
[2] Zygmunt Bauman, 2005, Globalizzazione e glocalizzazione, Armando Editore, Roma.
[3] Beck Ulrich, 2013, La società del rischio. Verso una seconda modernità. Carocci, Roma.