Pedagogia Interculturale per la Pace

Laura Isgrò

Abstract

La ricerca pedagogica interculturale ha il proposito di portare avanti il percorso formativo dei docenti, traendo ancora più forza motivazionale dagli sconvolgimenti politico-sociali così recenti. La ricerca-azione ha il fine di indagare sul campo per raccogliere le testimonianze professionali dei docenti e le voci dei bambini e dei ragazzi. Questo modus operandi garantisce il processo di riflessione pedagogica in ambito interculturale e speciale, per promuovere il miglioramento dei rapporti fra culture diverse sin dall’infanzia in modo concreto, e al fianco dei docenti.

Abstract

Intercultural pedagogical research has the purpose of continuing the educational path of teachers, drawing even more motivational strength from the recent political and social upheavals. The action research aims to investigate the field to collect the professional testimonies of teachers and the voices of children and young people. This modus operandi guarantees the process of pedagogical reflection in the intercultural and special field, to promote the improvement of relationships between different cultures from childhood in a concrete way, and alongside teachers.

Parole chiave

Educazione alla non violenza   culture  pace  forma mentis

Keywords

Non-violence education   cultures    peace  forma mentis


Secondo l’approccio interculturale, la “cultura” rappresenta un insieme di qualità (sempre dinamiche) proprie di un individuo che appartiene a uno o a più gruppi umani, e non contraddistingue necessariamente una nazionalità. Lo “straniero” è chiunque abbia caratteristiche dissimili dal proprio gruppo di appartenenza e un modo di pensare differente dal solito; potrebbe trattarsi di un familiare oppure di un cittadino italiano che arriva in una città ospitante da una regione italiana lontana. Dunque, l’approccio interculturale è estendibile a tutte le dimensioni culturali, endogene ed esogene, che si trovano a condividere lo stesso spazio fisico e concettuale. L’approccio interculturale possiamo ritenerlo “speciale” solo se diamo a questo vocabolo il significato di “straordinario”, o meglio, “rivoluzionario” modo di prendersi cura dell’essere umano a prescindere dalla sua nazionalità, età, religione, genere, condizione economica. Saper infondere in educazione e in didattica questa maniera di vedere la persona nella sua totalità, implica per il docente una preparazione interiore e operativa di notevole profondità, una generosa disponibilità al cambiamento e una grande sensibilità culturale. La capacità di decentramento del docente e il carattere interdisciplinare di questo approccio definiscono il quadro di azione. Si è visto come «la conoscenza di una cultura è solo momentanea e deve essere continuamente riformulata e confrontata con la realtà, per cui i fatti possono essere confermati o confutati» (Abdallah-Pretceille,1986, p.234). Ciò si verifica perché i rapporti sociali, le politiche del territorio, le logiche economiche locali e nazionali, le strutture delle comunità sono per loro natura mutevoli; pertanto, è necessario che coloro che si occupano di ambiti sociali sappiamo “leggere” e interpretare le realtà complesse, le sovrapposizioni, gli intrecci fra i membri dei vari gruppi e la formazione di nuovi contesti, di nuovi scenari. L’insegnante deve essere un abile de-costruttore di idee preconcette e costituire in tal senso un modello per i suoi alunni e studenti e deve poter disporre di strumenti sempre aggiornati e adattati al tempo e al luogo in cui opera.

Le scuole non possono essere considerate luoghi di confinamento culturale in base al quartiere di appartenenza. Non è pensabile che solo gli insegnanti che esplicano la loro professione in contesti socioculturali svantaggiati debbano ricorrere a implementare la loro formazione attraverso lo studio di discipline a sostegno della didattica tradizionale come l’antropologia, la pedagogia interculturale, la comunicazione interculturale e la pedagogia speciale.

Ispirarsi invece a un modello di apertura e di dialogo rispettoso fra persone diverse per cultura e stimolare nei propri alunni questo atteggiamento accogliente e inclusivo, a prescindere dalla presenza in classe di altre culture, significa promuovere la formazione di una coscienza democratica e pro-sociale. Dunque, è urgente una formazione interculturale che sia strutturata in modo operativo, da svolgersi direttamente in situazione, che aiuti l’insegnante ad assumere una prospettiva riformista, attiva, che creda fermamente nell’influenza determinante del valore formativo della scuola sulla società. Come si afferma in La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri (Miur, 2007, pp. 20-21):

«Una rinnovata visione della formazione degli insegnanti come “sensibili alle culture” mira ad una costruzione di tipo riflessivo della personalità dei docenti, per renderli capaci di apertura alla diversità ed interpretazione del bagaglio culturale degli alunni/studenti nei loro aspetti singolari e soggettivi. Questi elementi di sviluppo delle competenze degli insegnanti segnano la tendenza verso il superamento di forme prevalentemente informativo-culturali o estetiche della formazione. In tale prospettiva, di tipo esperienziale, la formazione interculturale si configura come una prospettiva di innovazione dell’insegnamento complessivamente inteso e, di conseguenza, del ruolo docente.»

Si continui a mantenere alta l’attenzione sulla necessità che gli insegnanti lavorino al raggiungimento di un grado di sensibilità nei confronti delle culture, che consenta di superare quel genere di conoscenza, superficiale, che si ferma agli aspetti folcloristici e che non sa indagare i mutamenti, le molteplici manifestazioni e le singole interpretazioni dei membri dei gruppi. È illuminante, a tale proposito, il discorso che Nussbaum (2004/2001, pp. 215-218) fa sulla pluralità delle forme che una medesima cultura possiede al suo interno, ben oltre quanto possa immaginare una mente oberata dagli stereotipi:

«La cultura esiste solo nelle storie degli individui che sono molto diversi gli uni dagli altri, e l’esistenza di diversi modelli di comportamento individuali crea, nella cultura stessa, spazi di diversità. Di solito ce ne accorgiamo, quando si tratta della nostra cultura. Comprendiamo intuitivamente che essa è estremamente differenziata- non è una macchina che stampa una serie di esseri umani identici come tanti biscottini, bensì uno scenario di intenso dibattito e di grande diversità, in cui sono proprio queste caratteristiche a creare degli spazi nei quali l’individuo ha quanto meno una certa libertà di movimento. […] Quando consideriamo le altre società, specie quelle lontane, non ricordiamo sempre questi fatti. Non concediamo sempre agli altri prerogative che di solito diamo per scontate per noi stessi- di critica, di cambiamento, e di un consapevole dar forma allo sviluppo morale. […]

Il modo in cui un bambino viene abbracciato e accudito, il modo in cui gli si parla, tutto implica l’influsso della cultura. Ma un aspetto fondamentale del trattare una persona come tale è il riconoscimento che ogni bambino ha una storia distinta, un corpo distinto, che s’intreccia con quella di altri particolari individui in una storia di grande profondità e intensità. Solo a partire da questa storia il bambino giunge ad essere membro di un più ampio gruppo sociale.»

Occorre che i docenti possano sviluppare quelle competenze che sono richieste loro dalla contingenza, da questi tempi confusi, frenetici, che sembrano voler omologare ogni gesto umano attraverso tecnologie consumistiche ed effimere al punto da alienare certe prerogative della specie umana come il pensiero critico e la capacità di comprendere in profondità un evento o un testo. L’occasione di coltivare le competenze interculturali è data innanzi tutto dalla volontà personale, dalla motivazione, dall’utopia che nasce dal bisogno di contribuire al cambiamento di rotta della mentalità etnocentrica e orientata a riservare a pochi il privilegio di partecipare attivamente alle società. “Intercultura” significa inclusione e dialogo fra le specialità di ogni essere umano. Data la complessità/varietà degli ambiti sociali in cui interviene l’approccio interculturale e la rilevanza degli effetti benefici che esso riversa concretamente nell’ambiente, sarebbe doveroso da parte delle figure e degli organi istituzionali, ascoltare i bisogni formativi e le richieste di supporto professionale dei docenti.

Con questo breve contributo si vuole affermare, ancora una volta, il ruolo decisivo della Scuola nell’educazione alla non violenza e all’accoglienza del prossimo. La forma mentis interculturale, prosociale e democratica permette di configurare la dimensione preventiva e protettiva da conflitti, squilibri sociali e guerre.

Bibliografia

Abdallah-Pretceille, M. (1986). Vers une pedagogie interculturelle. Paris: La Sorbonne.

MIUR (2007). La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri.

Nussbaum, M.C. (2011). Upheavals of thought: The intelligence of Emotions. Cambridge, UK: Cambridge University Press. (trad.it. (2004). L’intelligenza delle emozioni. Bologna: il Mulino).