Transizioni digitali ed ecologiche: scuola, lavoro, tecnologie

Annalisa Buffardi

Abstract

La trasformazione digitale e la sfida verso la crescita sostenibile rappresentano due aree di transizione sociale che coinvolgono la scuola e disegnano nuovi scenari educativi. Il contributo presenta i risultati di una ricerca condotta nel periodo 2018-2019, nell’ambito di esperienze di (ex) Alternanza Scuola Lavoro negli istituti secondari di secondo grado. Le esperienze analizzate sono basate sull’uso delle tecnologie digitali e richiamano il quadro per le competenze imprenditoriali, intese come vision per individuare le opportunità di cambiamento. Negli obiettivi dei progetti analizzati, la collaudata relazione tra making e learning rappresenta il punto di partenza per sostenere la capacità ideativa e realizzativa dei giovani, in relazione alle scelte per ‘un futuro desiderabile’.

The challenge towards digitalization and sustainable growth involves schools into new educational design. The paper presents some Work Based Learning experiences, carried out by Italian upper secondary schools, based on creation of digital artefacts and focused on the entrepreneurship competence framework.

In these experiences, making and learning represent the starting point to enable the students in new skills and generative capacities in order to strengthen the ability to see a desirable future

Parole chiave

competenze imprenditoriali, crescita sostenibile, digitalizzazione, alternanza scuola lavoro, making digitale

Entrepreneurship Competences, sustainability, digitalization, work-related learning, digital making


Una delle favole di Gianni Rodari intitolata Il Semaforo blu racconta di una apparentemente strana situazione in un giorno di traffico milanese, durante il quale le luci di un semaforo si colorano di un inconsueto blu. Non riconoscendo il significato dell’inaspettato codice, gli automobilisti si interrogano sconcertati, il traffico si paralizza, i vigili non sanno che fare. Fino a quando uno di loro interviene con la sua cassetta degli attrezzi e toglie la corrente. “Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare: Poveretti! Io avevo dato il segnale di ‘via libera’ per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio” (Rodari 1962, 71).  Come diversi altri racconti dello scrittore e pedagogista, interprete e teorico della creatività, Il semaforo blu offre il pretesto per discutere la via dell’immaginazione per la crescita, individuale e sociale. Una strada che necessita, proprio come nella favola di Rodari, innanzitutto della capacità di comprendere i segnali di cambiamento. E, nelle parole dell’antropologo indiano Arjun Appadurai (2014)  richiede ambienti politici, sociali e culturali nei quali l’immaginazione possa essere coltivata, allenata, garantita. Per Appadurai si tratta di un’etica delle possibilità che valorizza le aspettative di ciascuno e che quindi fonda sulla capacità di aspirare che “al pari di ogni capacità culturale complessa, sopravvive e prospera con la pratica, la ripetizione, l’esplorazione, la congettura e la confutazione” (ivi, 259-265).

A livello collettivo il quadro culturale e il sistema di vincoli e opportunità che limitano la capacità dei singoli di immaginare futuri possibili si traducono in un freno alla crescita sociale. Coltivare la speranza e l’immaginazione di ciascuno si traduce nella possibilità, per la società in generale, di moltiplicare  le possibilità di crescita perché «non possiamo sapere da dove nascerà una buona idea» (Appadurai 2017,13).

A partire da tale premessa, in queste pagine saranno brevemente richiamati i risultati dell’indagine Modelli innovativi di Alternanza Scuola Lavoro, condotta tra il 2018 e il 2019 da Indire nell’ambito del Programma Operativo Nazionale 2014-2020 ‘Per la scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento’.[1]Chi scrive è responsabile scientifico del progetto, che è stato condotto nell’ambito del Programma Operativo Nazionale 2014-2020 Per la scuola – competenze e ambienti per … Continue reading  L’indagine ha esplorato 10 studi di casi condotti presso Istituti Tecnici e Istituti di Istruzione Superiore comprendenti indirizzi tecnici-professionali sul territorio nazionale.[2]In particolare sono state analizzate esperienze di Alternanza Scuola Lavoro condotte dai seguenti istituti scolastici: IIS Costanzo, Decollatura (CZ); ITI Panella Vallauri, Reggio Calabria; ITT … Continue reading Come si vedrà meglio oltre, il quadro di riferimento entro il quale le esperienze sono state analizzate richiama il livello di “digital transformation” nel quale emerge l’uso creativo delle tecnologie per migliorare e innovare prodotti e servizi. Più in generale, fa riferimento alla digitalizzazione dei processi in relazione agli obiettivi di promuovere competenze, abilità e attitudini necessarie ad usare le tecnologie per realizzare e creare, innovare processi e prodotti anche con soluzioni originali (DIGCOMP 2.1), e con riferimento agli obiettivi di ‘partecipazione’ consapevole alle trasformazioni contemporanee (Jenkins 2006, Livingstone 2009, Bennet, Segerberg, 2012).

In questa direzione, la ricerca ha intrecciato il tema delle competenze imprenditoriali, intese come visione e azione per il cambiamento. Il quadro di riferimento è stato identificato entro il framework europeo dell’Entrecomp (Bacigalupo et al, 2016) che ha fornito la cornice per definire, attraverso le aree che lo compongono, alcuni elementi di interesse. Uno dei temi emersi dalla declinazione delle aree del framework è espresso nell’agire con gli studenti per sostenere la capacità di «immaginare un futuro desiderabile», individuando le opportunità di innovazione attraverso un set di competenze che include la capacità creativa, di trasformare le idee in azione, il pensiero etico e sostenibile. Dunque, abilitare i ragazzi a percepire innanzitutto se stessi come attori del cambiamento, capaci di intercettare i bisogni emergenti sul versante dell’innovazione sociale, economica e produttiva, anche a partire dalle nuove opportunità tecnologiche, nella direzione ‘intelligente’, della sostenibilità, del benessere (Heinonen, 2017; WEF, 2020).

Le trasformazioni rese possibili dalle tecnologie abilitanti esprimono il processo culturale di digitalizzazione in corso nelle nostre vite e indicano, anche su un versante economico, una via per la crescita, in termini produttivi e sociali, che richiede nuove lenti interpretative. Nella molteplicità dei punti di vista da cui poter guardare, si affermano nuovi modelli di business e nuovi mercati, nuove modalità di lavoro e organizzative, a partire dai cambiamenti nei processi e nelle tecniche.

Il richiamo alla digitalizzazione delle imprese, in particolare per il nostro paese quelle di piccole e medie dimensioni, si traduce dunque soprattutto nella integrazione delle ICT nelle scelte di governance e nelle diverse componenti dell’organizzazione (Bertelè, Corso, Rangone 2008).

È una sfida che coinvolge il sistema nel suo complesso e i suoi partecipanti, ai diversi livelli della produzione, e che inoltre si basa su nuove visioni imprenditoriali. Come sintetizza efficacemente il framework EntreComp, quadro europeo delle competenze imprenditoriali (Bacigalupo et al 2016) tale vision è generata innanzitutto nella capacità di intercettare i cambiamenti sociali, i nuovi bisogni e le opportunità di innovazione per creare valore, ed inoltre esprime un potenziale cambio prospettico, che nasce dalla capacità di individuare soluzioni innovative per sostenere il benessere sociale e individuale.

Valore pubblico, nuova imprenditoria e creatività digitale

Nella trasformazione digitale in corso, trasversale ai diversi segmenti e ambiti sociali da qualsiasi angolazione essa venga osservata, il tema della creazione di valore pubblico – valore per il bene comune –  rappresenta una questione centrale, anche per l’individuazione di possibili vie del digitale e a partire dalle forme possibili di comunicazione tra dati, macchine e persone. L’interconnessione di un gran numero di persone e macchine “consente di pensare modi radicalmente nuovi per risolvere problemi complessi, identificare con maggiore rapidità gli inconvenienti e combinare le risorse in maniera inedita” (Mulgan 2018, 12). Come evidenziato da Eric Brynyolfsson e Andrew McAfee (2014) produce inoltre sviluppo economico. Gli autori fanno riferimento alla possibile “moltiplicazione delle idee” (le idee-seme), che attraverso la condivisione online possono generare infinite ricombinazioni di nuove idee, potenzialmente valide (ibidem). I modelli della cosiddetta platform economy, descritta come sharing economy, creative economy, on demand economy, mostrano che le possibilità tecniche sono, su questo fronte, mature (Benkler 2006, Heinonen 2017) sebbene non ancora dominanti.

In questo contesto, la progressiva diffusione delle tecnologie di fabbricazione introduce un nuovo tassello attraverso ciò che Neil Gershenfeld (1999, 68) ha definito “democratizzazione della fabbricazione”.

La più facile disponibilità di nuove macchine avanzate (es. stampa 3D, laser cutter) o nuove forme di collaborazione tra le aziende estendono l’area e i soggetti delle innovazioni possibili, oltrepassando il livello della generazione condivisa del pensiero per giungere alla possibilità effettiva di “dare forma alle idee e di modellare le cose” (ibidem). Si va verso scenari economici e produttivi in cui, potenzialmente, grandi e piccole aziende, microimprese, singoli produttori e artigiani digitali possono collaborare – e competere – alla pari. Un’imprenditoria e un’innovazione in costante accelerazione, con barriere all’ingresso in costante diminuzione (Anderson 2012). Come ricorda Gershenfeld (2012) benché tale sistema non rappresenti, ancora oggi, la forma dominante, esprime un modello che, alla fine, potrà cambiare il mondo.

Il più facile accesso alle conoscenze e ai dati, insieme alla diffusione delle tecnologie di fabbricazione digitale, apre scenari in cui la logica del pensiero connettivo (de Kerckhove 1997) si traduce nel “fare creativo connettivo”. La trasformazione culturale e tecnologica orienta verso una dinamica economica e produttiva che mette in primo piano il valore delle idee, le competenze digitali, la contaminazione di ambiti, settori, professionalità, lo spirito di iniziativa e la capacità di cogliere le diverse opportunità offerte dalle più immediate possibilità di produzione e di realizzazione. Potenzialmente il più facile accesso a strumenti e conoscenze sembra ampliare le possibilità di contribuire alle scelte, di individuare e progettare soluzioni, prodotti, servizi per rispondere alle mutate esigenze contemporanee (Buffardi e Savonardo 2019).

La digitalizzazione dei processi economici accompagna e nutre una visione imprenditiva che restituisce ai giovani la promessa di poter trasformare le proprie idee in progetti. Tale promessa si fonda, però, innanzitutto sulla capacità delle istituzioni formative di promuovere e formare un nucleo di competenze – imprenditoriali, digitali, soft skills – necessarie per l’innovazione e per gestire le sfide che il cambiamento porta con sé, rinnovando il proprio modello didattico a partire dalla cultura di rete. Dai modelli di “apertura” che la caratterizzano al pensiero creativo connettivo che può tradursi in pratiche.

L’emergere dei movimenti makers, che articolano reticolarità e materialità intorno a processi ideativi e di problem solving collettivi, introduce un nuovo focus di attenzione. Chris Anderson (2012, 8-9) parla, più in generale, di «democratizzazione delle innovazioni», evidenziando una ulteriore entusiastica aspettativa nei confronti dell’era digitale: «qualsiasi ragazzino con un’idea e un laptop può gettare i semi di un’azienda in grado di cambiare il mondo […]. La bellezza del web è che ha reso democratici sia gli strumenti dell’invenzione sia quelli della produzione. Chiunque abbia una idea per un servizio può trasformarlo in un prodotto con l’aggiunta di un po’ di codice» (ivi, 10). Anche in questo caso, alle potenzialità del mondo digitale, che crea e fa circolare bit a basso costo corrisponde il rischio di una retorica che descrive i giovani come altrettanto agili nei movimenti entro i nuovi scenari digitali, naturalmente predisposti a combinare con disinvoltura idee e tecnologie per costruire il futuro, proprio e altrui. Su questa via, il recente ampio dibattito pubblico sull’imprenditività giovanile rischia di «spostare in modo sleale gran parte della responsabilità per la creazione di nuovo lavoro e per la performance del sistema del lavoro proprio sui giovani, lasciandoli così vulnerabili, e generando nuove diseguaglianze», come si legge nel Report delle Nazioni Unite Youth Civic Engangment (2016, 34-35), che evidenzia la necessità di adeguate politiche per favorire la partecipazione dei giovani, l’occupabilità e la stessa imprenditorialità. “I giovani possono essere figure centrali nello sviluppo, ma la responsabilità di trovare soluzioni ai problemi della disoccupazione e della sottoccupazione, di garantirne la rappresentanza nei processi politici e di facilitarne l’inclusione sociale a livello comunitario, è in gran parte dei governi, che devono creare ambienti favorevoli, politiche e spazi […] Nel promuovere l’occupabilità e la partecipazione delle nuove generazioni, i rispettivi ruoli dei giovani, dei policy makers e delle istituzioni devono essere chiaramente definiti” (ivi, 147). 

Una prospettiva che richiama il dibattito sulle caratteristiche e sulle promesse di Internet, che ripropone storici e inediti divari insieme a vecchie e nuove promesse, che alimenta riflessioni nonché retoriche sui miti delle generazioni digitali e sull’imprenditorialità giovanile come forza del cambiamento. E che chiama in gioco il sistema educativo per la formazione di uno sguardo abilitato a guardare verso il futuro e a cogliere le opportunità offerte dalla nuova circolazione di dati, informazioni, tecnologie. Nel discutere gli attuali limiti di diffusione delle macchine di fabbricazione digitale, Greenfield (2017, 95) ad esempio sottolinea che la principale barriera di accesso resta quella culturale: nonostante le migliori intenzioni di apertura, i luoghi nei quali sono collocate queste macchine, compresi gli hacklab, sono strutture ad accesso limitato, e “molti di questi spazi continuano ad intimidire proprio le persone che più ne potrebbero beneficiare”(ibidem). Le opportunità di accesso, sul versante culturale e fisico, rappresentano il principale fronte su cui si gioca la sfida della partecipazione alla grande trasformazione in corso. Come scrive Laurent Alexandre (2017, 19) discutendo gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale come motore dell’innovazione, si tratta di sviluppi che non verranno “da un laboratorio di una delle nostre vecchie e collaudate istituzioni. L’IA è nelle mani dei giovani che affermano con candore di voler rendere il mondo un posto migliore. Quanto meno ai loro occhi”. Fornire le lenti per una prospettiva che guardi al futuro e favorire la pluralità degli sguardi è il difficile e necessario compito delle istituzioni educative, a tutti i livelli. 

Visioni per il cambiamento

L’incontro della scuola con il mondo del lavoro offre una prospettiva di osservazione interessante, innanzitutto perché, come nei processi educativi, la gestione del cambiamento da parte delle imprese guarda necessariamente al futuro, in termini di competenze da formare e in relazione ai driver di innovazione che ne consentono la competitività. Nell’incontro prospettico con le professioni del futuro, le potenzialità delle tecnologie digitali assumono inoltre una evidenza immediata nell’esigenza di tradurre le opportunità di oggi in un quadro di possibilità per il futuro. La recente ricerca oggetto di queste pagine, condotta nell’ambito delle attività di ex Alternanza Scuola Lavoro (Buffardi 2020, 2021) ha focalizzato l’attenzione sull’incontro tra scuola e lavoro nel contesto dei cambiamenti culturali in atto.

I casi esplorati sono stati selezionati tra esperienze orientate allo sviluppo di prototipi, prodotti o servizi, condotte da Istituti scolastici capofila di Laboratori Territoriali per l’Occupabilità,[3]I Laboratori territoriali per l’occupabilità sono definiti “spazi dall’alto profilo innovativo a disposizione di più scuole del territorio, dove sviluppare pratiche didattiche avanzate in … Continue reading e/o sviluppate nell’ambito di partnership con Aziende e Enti, o entro contest nazionali in ambito robotica e tecnologia. Tra i principali elementi di attenzione emerge la capacità progettuale delle istituzioni scolastiche e l’uso dei laboratori, spesso interni alle scuole; nello sviluppo dei progetti emerge l’agire collaborativo e la contaminazione di competenze differenti, sia tra gli allievi che tra docenti e tra partner. Il riferimento a reti di relazioni territoriali già attive – e che si consolidano e crescono anche con nuovi partner anche a partire dalle attività di progetto – è un ulteriore elemento che caratterizza le attività. Le tecnologie rappresentano componenti centrali del discorso portato avanti dalle reti, non solo come strumenti ma anche come risorsa per sviluppare idee e progetti nella direzione del benessere e della sostenibilità, individuale e collettiva (Buffardi 2020). Attraverso tale filtro, la digitalizzazione rappresenta un orizzonte verso il quale sono orientate le diverse attività, a livello didattico, culturale, sociale e imprenditoriale. 

I diversi progetti analizzati evidenziano un processo in cui studenti, docenti e partner aziendali condividono idee e progetti per giungere insieme a soluzioni creative e innovative che possano soddisfare nuovi bisogni per il benessere individuale o collettivo. I temi della cultura ambientale, della salute e del benessere, nella cornice dell’engagment sociale e dell’innovazione tecnologica caratterizzano, infatti, le esperienze analizzate. I casi studiati includono diverse progettualità che combinano il sapere professionale, le conoscenze tecniche e generali, l’uso delle attrezzature, la capacità applicativa e quella creativa, il rispetto delle procedure operative e la ricerca come base per avviare nuovi processi.

Nei casi esplorati, i driver della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale rappresentano quindi i principali fattori di spinta dei progetti attivati, che prendono forma nell’interazione tra i diversi soggetti del mondo della scuola e del lavoro, a partire dalla partecipazione attiva degli studenti nella generazione delle idee progetto.  Ne sono un esempio i veicoli elettrici realizzati nell’IIS Ferrari di Maranello (Mo) e nell’ITI Panella Vallauri di Reggio Calabria, destinati, con diverse finalità, alle comunità di riferimento; la maglietta intelligente per il monitoraggio dei parametri vitali prodotta dagli studenti del ISS Costanzo di Decollatura (Cz); il prototipo di pozzo d’acqua potabile sviluppato dagli studenti dell’ITI Pininfarina (Torino) e il pozzo 4.0 per l’approvvigionamento idrico in Africa, realizzato attraverso la collaborazione tra l’IIS Mandela e l’IIS Cattaneo Dall’Aglio di Castelnovo ne’ Monti (Mo); il robot ecologista dotato di intelligenza artificiale sviluppato dagli studenti dell’IIS Gae Aulenti di Biella; il braccio robotico realizzato dagli studenti dell’ITT Altamura-Da Vinci di Foggia. Nella stessa prospettiva, basata sulla partecipazione degli studenti e sull’utilizzo attivo delle tecnologie digitali, sono state condotte anche le esperienze che non convergevano verso la realizzazione di prototipi, come quelle condotte, ad esempio, presso l’IIS Caboto di Gaeta e l’ITI Lucarelli di Benevento.

 I casi analizzati evidenziano un forte protagonismo delle scuole nella dinamica di relazione con il mondo del lavoro. Ciò non si traduce però in autoreferenzialità, ma esprime la valorizzazione della pratica scolastica e dei suoi obiettivi. Viene fuori l’identità forte e riconosciuta dell’istituto scolastico, che investe il proprio capitale relazionale, tecnologico e di competenze nella costruzione di una più ampia progettualità, caratterizza dal confronto con le realtà territoriali, imprenditoriali, sociali.

Nei casi esplorati, tale progettualità appare orientata ad animare – o a partecipare a – ecosistemi di innovazione territoriali. Ciò emerge in maniera più o meno sviluppata e consapevole, comunque come visione verso cui tendono i dirigenti scolastici, i docenti, i partner. L’apertura territoriale e alle aziende, il networking collaborativo e la dotazione tecnologica rappresentano, in questa direzione, fattori rilevanti. 

Apertura e network territoriali

Nel contesto di trasformazione tecnologica in atto, l’incontro tra i diversi soggetti sembra nutrirsi, nei casi studiati, della necessità di comprendere insieme i cambiamenti in atto e di agire insieme nel mutamento. Per i docenti e i dirigenti scolastici ascoltati si tratta di prendersi cura del futuro degli studenti (“dare loro la capacità di mettersi in gioco”, di “essere in grado di riprogrammare con idee innovative la propria figura professionale”; “si cerca di dare loro qualcosa in più, in modo che abbiano strumenti e ‘visioni’ per affrontare il futuro”) ma anche, più in generale, del futuro della società in termini di innovazione e sostenibilità. Su questo elemento, diversi partner insistono nella descrizione delle attività. Come espresso da un partner (Biella) “abbiamo cercato di coinvolgere loro perché abbiamo investito nel futuro. Sono loro la nostra speranza […] Si è aperta una via che porta a vedere le cose in maniera differente e se pensiamo ad un futuro professionista che pensa in questa maniera […] i costi vengono ammortizzati nel tempo […] il cambiamento di prospettiva permette di avere nel futuro una ricaduta sul benessere della persona e di tutta la comunità”.

Una delle principali caratteristiche delle realtà analizzate è la presenza di un solido capitale sociale della scuola, inteso come l’insieme delle relazioni di cui il Dirigente Scolastico e/o i suoi docenti dispongono nel proprio agire professionale. Tali relazioni sono generalmente forti sul territorio locale e/o con le aziende del settore professionale di riferimento. Le istituzioni scolastiche appaiono al centro di un sistema di relazioni e pronte ad animarlo, in alcuni casi rappresentano un elemento di connessione tra le imprese.

La realtà scolastica sembra configurarsi come sistema formativo aperto, in diversi modi, su un piano fisico, di settore e territoriale. Relativamente al primo aspetto, dirigenti e docenti evidenziano l’apertura anche serale dei propri locali in quanto sede di corsi per l’educazione degli adulti. La flessibilità, anche non riconosciuta formalmente, che si accompagna a tale condizione consente momenti di incontro tra studenti e docenti per portare avanti progetti e scadenze, che sono in genere quelle cui gli studenti partecipano con motivazione per prendere parte a contest nazionali. Come sintetizzato da alcuni dirigenti della Campania e della Calabria: “il pomeriggio nessuno dice loro di venire, eppure si organizzano autonomamente, qui è sempre aperto”; “non è che devono chiedere il permesso ogni volta, loro presentano il progetto, mi dicono che devono fare quelle cose. I ragazzi lo chiedono proprio di vivere la scuola”. 

Tecnologie e ambiente, scenari culturali nei progetti scolastici

 Nella realizzazione dei progetti, la digitalizzazione dei processi è un elemento trasversale comune, tanto basilare nella sua necessità quanto trasparente (Norman 1990) nella sua quotidianità. Si intreccia con la tradizione delle professioni e con la conoscenza degli elementi di base dei settori di riferimento. Per i diversi attori, e in particolare per i docenti, i dirigenti scolastici e i partner ascoltati, l’elemento di confronto è più che altro il generale scenario cui le tecnologie, e più in generale il cambiamento culturale in atto, rimanda. Questo elemento emerge nelle parole dei vari attori, nelle diverse realtà scolastiche. A Reggio Calabria, gli studenti che frequentano due classi di indirizzo Meccanica e Meccatronica hanno preso parte al progetto “Una bici per il Parco”, che nasce dall’accordo tra l’istituto scolastico e il Parco Nazionale dell’Aspromonte, e prevede la realizzazione di alcuni modelli di bici elettrica. Il progetto è un esempio di una interessante sinergia tra le istituzioni per la crescita territoriale e articola l’elemento del “lavoro” con le esigenze del territorio e i bisogni delle persone. Alla versione base di una mountain bike a pedalata assistita, ha affiancato un modello per il soccorso medico nelle aree protette del Parco e una per i soggetti con disabilità motorie. Partner e docenti evidenziano come la realizzazione del progetto, e delle bici elettriche, sia un modo per coniugare la competenza ambientale propria dell’Ente Parco con la capacità tecnica-innovativa della scuola, mantenendo come fulcro la sensibilizzazione dei ragazzi sul tema della mobilità sostenibile, in un territorio dove il suono roboante del motore tradizionale esercita ancora una forte attrazione sui giovani. E per “formare competenze che sullo stesso territorio mancano”, come affermano i docenti, nella direzione “dell’occupabilità del futuro”, come sottolineano inoltre alcuni partner delle imprese locali coinvolte. 

Le tecnologie divengono, nella pratica delle esperienze evidenziate dall’indagine, strumenti innanzitutto per veicolare il mutamento in corso, nella sua dimensione culturale. Nella parole del referente della PMI innovativa partner della rete scolastica in Puglia: “la cultura Maker è quella che ha fatto nascere questo progetto, basata sul riutilizzo delle risorse, perché tante cose vengono smontate e divengono qualcos’altro”. Il progetto portato avanti nell’Istituto pugliese coinvolge gli studenti dell’indirizzo Informatica e Telecomunicazioni nella progettazione e realizzazione di un prototipo di braccio robotico con tecnologia leapmotion. Le attività si svolgono sia nei laboratori della scuola che in quelli dell’azienda partner, e prevedono inoltre la partecipazione dell’ITS Apulia Digital Maker, anche mediante il coinvolgimento degli studenti in iniziative territoriali come il Maker Foggia. Come negli altri casi analizzati, alla realizzazione tecnica del braccio robotico, si affianca la progettazione delle possibili applicazioni sociali cui può essere destinato, sulle quali gli studenti sono sollecitati a riflettere. Come chiarisce il referente dell’azienda partner: “Anche in questo, c’è la cultura del riuso: capire che è lo stesso strumento e si possono fare tante cose”. Nei diversi progetti e nei diversi casi, gli studenti raccontano di come hanno usato tecnologie disponibili e cercato online applicazioni utili, «tutte risorse open source, aperte, perché vogliamo creare un prodotto che sia poi facilmente reperibile, a bassi costi», come chiarisce ulteriormente D. (Piemonte 2). Stesso discorso per i materiali, che nelle parole di D. (Piemonte 1) «sono tutti materiali di recupero». Nei progetti che si basano sulla realizzazione di prodotti tecnologici, tali posizioni ricorrono nella descrizione di prototipi sviluppati attraverso il riuso e la progettazione aperta.

Territori, futuri, transizioni

Particolarmente nel caso degli Istituti scolastici sede di Laboratori Territoriali per l’Occupabilità, le scuole sembrano esprimere l’identità di una struttura formativa attiva, sul territorio e per il territorio, relazionata con i diversi soggetti istituzionali, potenzialmente disponibile – in termini di sede e di attrezzature – per la comunità di riferimento. Questo ultimo aspetto rappresenta più spesso un obiettivo verso cui tendere, come emerge da alcune interviste tra i docenti a Torino, per rendere il Laboratorio aperto ai giovani del territorio, “a chi voglia sperimentare idee […] fare un prototipo […] ma non ha i soldi per le macchine”. Riflette, inoltre, come afferma un docente a Reggio Calabria, una progettualità tesa a “creare un punto di incontro tra varie aziende che può generare uno scambio tra mondo della scuola e territorio nel fornire delle attività, come ad esempio, una stampa tridimensionale, il recupero di materiali di scarto dei cavi elettrici e molte altre”.

La collocazione territoriale sembra essere elemento rilevante e, nelle condizioni percepite di maggior fragilità (“siamo tra le montagne”; “qui non abbiamo aziende”) l’obiettivo di investire per il territorio appare più marcato. Alcuni partner evidenziano ulteriori elementi interessanti con specifico riferimento alle prospettive di crescita territoriale e di coinvolgimento dei giovani: noi abbiamo la missione di formare la classe imprenditoriale del Sud. […] Nella nuova generazione sta la forza del nostro territorio. […] Ciascuna azienda che in questo territorio vive di innovazione digitale ha un futuro se facciamo crescere l’ecosistema (Partner 4 Calabria 1, SPA); si tratta di provare a ragionare sul futuro in un contesto, siamo in mezzo alle montagne, dove futuro non è che ce ne sia tantissimo (Partner 1 Calabria 1, società consortile).

Un elemento interessante che emerge nei casi esplorati è inoltre il riconoscimento alle scuole del ruolo di trait-d’union tra le diverse aziende che, come espresso da alcuni partner ascoltati in Piemonte, si traducono in un sistema di opportunità aziendali e di relazioni che “non sarebbero nate senza la scuola”. Come emerge dalle diverse interviste, nelle reti circolano idee, relazioni, conoscenze, prospettive. Tale elemento appare parimenti rilevante nelle riflessioni dei partner intervistati in Calabria, Campania e Puglia, dove tuttavia l’attenzione si sposta in maniera più marcata verso la possibile generazione di un sistema di crescita territoriale. Si tratta di portare a compimento un progetto – inteso in senso più ampio e generale – che è di tutti: degli studenti, della scuola, del territorio, della società.

La centralità del punto di vista locale nel contesto di progettualità che in maniera più ampia sono costruite a partire dai driver della digitalizzazione e della sostenibilità, che pure guardano alla fluidità dei confini, caratterizza lo sguardo dei docenti, dei dirigenti scolastici e dei partner aziendali che, ciascuno in relazione al proprio ruolo, guardano alla costruzione del futuro dei ragazzi attraverso la lente della crescita territoriale, nelle diverse esperienze sebbene con sfumature diverse.

Anche tra gli studenti, il tema del futuro si lega spesso al territorio, in maniera varia. Tra i giovani intervistati nelle scuole del Sud, emerge con riferimento al luogo dal quale allontanarsi perché “vivo in un paese piccolo, quindi c’è poca possibilità di lavoro, andando fuori ho più opportunità” (P. Calabria 1). Più spesso, è territorio sul quale investire, come affermano altri studenti della stessa scuola: “non è una questione affettiva…è un bel territorio, bisogna valorizzarlo”; “penso che sia importante rimanere qua perché penso che questa città abbia bisogno di questi cervelli in fuga, è più giusto che si fermino qui e risolvano i problemi senza scappare, e creare opportunità”(F. e A. Calabria 1) è il territorio nel quale “spero di poter rientrare, qui è sempre la nostra patria” (P. Calabria 2) o dove tornare “se le cose non vanno bene” (A. Calabria 2). I ragazzi ascoltati in Piemonte e in Emilia Romagna generalmente fanno riferimento al territorio quando raccontano le attività che hanno svolto, soffermandosi sul loro coinvolgimento per migliorarlo, ad esempio lavorando alla progettazione di barriere architettoniche o di servizi per la mobilità urbana. Quando il territorio è percepito, invece, come un difficile punto di partenza, ci si confronta con esso alla ricerca di soluzioni per valorizzarlo, quasi di riscatto e per poter costruire qualcosa. Come in Calabria, dove gli studenti, che hanno ideato e portato avanti la produzione di saponi biologici, hanno coinvolto le aziende locali per valorizzare “la tradizione del bergamotto, di cui il nostro territorio è ricco” (M. Calabria 2).

In alcuni casi, si tratta di cogliere segnali alla ricerca di possibili sbocchi occupazionali. A Benevento, ad esempio, i ragazzi si guardano intorno e le pale eoliche sembrano mostrare una direzione (“ogni giorno ne vengono costruite, spuntano come funghi, tutto il mondo ha bisogno di energia rinnovabile […] è uno sbocco lavorativo che andrà avanti a lungo”). Le prospettive ruotano intorno alla ricerca di un lavoro nel settore, oppure nella direzione della scelta universitaria per approfondire il tema, o dell’iscrizione all’ITS [4]Gli ITS, Istituti Tecnici Superiori costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria che ha l’obiettivo di rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze … Continue reading locale che, affermano i ragazzi, “offre molte certificazioni nel settore dell’efficientamento energetico”. Per i diversi studenti, l’esperienza svolta ha rappresentato l’occasione per mettere in pratica ciò che avevano studiato in precedenza, o per approfondire nuove conoscenze, ma soprattutto emerge la consapevolezza di aver realizzato qualcosa di concreto e di poterlo fare ancora. Come afferma uno di loro “sembrava una cosa fantascientifica, sembrava impossibile, invece il professore ci ha detto: Si può fare!”.

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United Nations (2016), World Youth Report. Youth Civic Engangment, New York: United Nations.

World Economic Forum (2020), Schools of the Future: Defining new Models of Educations for the Fourth Industrial Revolution, https://www.weforum.org/reports/schools-of-the-future-defining-new-models-of-education-for-the-fourth-industrial-revolution.

Annalisa Buffardi è prima ricercatrice Indire, Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, e docente di Sociologia digitale e Internet Studies presso l’Università di Foggia-IUL, Italian University Line. E’ inoltre docente di Sociologia della Comunicazione e del Mutamento Sociale presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e di Metodologie e Tecniche della Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. È stata membro del Comitato Tecnico Scientifico per le Competenze Digitali dell’Agid, Agenzia per l’Italia Digitale e membro del coordinamento strategico di Federica web learning, presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.  Tra le sue principali pubblicazioni: Futuri Possibili. Formazione, Innovazione, Culture Digitali (Milano, 2020); (con Derrick de Kerckhove) Il Sapere Digitale, Pensiero ipertestuale e conoscenza connettiva (Napoli, 2011); Web Sociology, Il Sapere nella Rete (Roma, 2006).

References

References
1 Chi scrive è responsabile scientifico del progetto, che è stato condotto nell’ambito del Programma Operativo Nazionale 2014-2020 Per la scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento, e che ha previsto diverse azioni di ricerca. Il gruppo di ricerca che ha preso parte alle attività presentate in quest’articolo è composto dalla sottoscritta, da Stefania Sansò, Ciro D’Ambrosio e Francesco De Luca. I risultati pubblicati in queste pagine sono stati pubblicati in Buffardi (2020, 2021).
2 In particolare sono state analizzate esperienze di Alternanza Scuola Lavoro condotte dai seguenti istituti scolastici: IIS Costanzo, Decollatura (CZ); ITI Panella Vallauri, Reggio Calabria; ITT Altamura-Da Vinci, Foggia;  ITI Lucarelli, Benevento; IIS Caboto, Gaeta (LT); IIS Mandela e IIS Cattaneo Dall’Aglio, Castelnovo ne’ Monti (RE); IIS Ferrari, Maranello (MO); IIS Gae Aulenti, Biella; ITI Pininfarina, Moncalieri (TO). Nell’ambito delle attività di ricerca sono stati condotti: 15 focus group con 92 studenti; 15 focus group con 51 docenti; 15 interviste con 38 partner; 10 interviste con dirigenti scolastici. Nel corso del testo, i casi saranno indicati con riferimento alla regione, con numerazione progressiva nel caso di doppia appartenenza. Nei casi identificati come Calabria 2, Piemonte 1 e Piemonte 2 sono stati analizzati, per ciascun Istituto Scolastico, 3 progetti di Alternanza.  Si ringraziano tutte le comunità scolastiche per l’accoglienza e la disponibilità.
3 I Laboratori territoriali per l’occupabilità sono definiti “spazi dall’alto profilo innovativo a disposizione di più scuole del territorio, dove sviluppare pratiche didattiche avanzate in sinergia con le politiche locali per il lavoro e le imprese».(L.107/2015; DM 657/2015). Al momento delle interviste la gran parte dei Laboratori non era ancora attiva, ma in fase di allestimento.
4 Gli ITS, Istituti Tecnici Superiori costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria che ha l’obiettivo di rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione.