Partendo dall’introduzione del libro  FARE SCUOLA CON IL CINEMA di Giovanni Scolari, questo nuovo CANTIERE “EFFETTO CULTURA DIGITALE” On the Road, tenta di rispondere alla domanda che lo stesso autore pone sul perché insegnare con le immagini?

Per meglio comprendere il senso di questo nuovo “Cantiere”, di seguito viene riporta una parte dell’introduzione stessa al libro, che di fatto ne diventa il libro dell’approfondimento sul tema, tanto che i previsti webinar che daranno senso e contenuto al “Cantiere” stesso, partiranno dai temi trattati nei vari capitoli/approfondimenti del libro.

Giovanni Scolari, autore del libro, nonché coordinatore del “Cantiere”, parte da una affermazione di Marshall McLuhan per riflettere sul ruolo del cinema nella nostra vita quotidiana. A supportare questa considerazione va subito aggiunto il concetto di “Modernità liquida” di Bauman, che ha soppiantato la “Galassia Gutenberg”, ovvero la cultura basata sulla stampa. Questo per significare come ormai siamo immersi in una dimensione diversa, dove la cultura è concentrata sul “soddisfacimento di bisogni individuali e sulla soluzione dei problemi del singolo individuo”.

Si tratta di un nuovo orizzonte a cui tutti dobbiamo prepararci, sottolinea Giovanni Scolari, senza preconcetti. La cultura, prosegue Bauman, è “costituita da offerte, non da proibizioni”.

Gli studenti di oggi, nati in un’epoca sempre più digitalizzata, sono distanti anni luce dalla mentalità, dalla logica che ha guidato la formazione dei docenti attualmente in servizio. La loro è una cultura fatta di “immagini” in cui i messaggi (o i segni) sono difficilmente comprensibili se non si ha un approccio nuovo all’insegnamento. Messaggi (o segni) che giungono da un’offerta sterminata di possibilità, appunto, in cui non ci sono più proibizioni ma percorsi più o meno consapevoli.

Pur essendo cresciuti immersi in questo nuovo “brodo culturale”, manca spesso nelle persone la conoscenza dei linguaggi che serve per non essere vittime ma protagonisti di questo flusso ininterrotto di informazioni e frame. Spetta al docente informare, mostrare, decodificare le vie per consentire ai discenti di essere agenti di cambiamento e non elementi passivi di questa situazione.

E se il patrimonio di conoscenze si basa sempre più sulle immagini, anche come visione di un monitor, l’istruzione deve trovare il modo di riportare tale cultura nell’ambito della scuola. Per lo studente la fiction è diventata la forma di narrazione della propria vita. Un concetto estremo, certamente, che non esaurisce la complessità dell’esistente. Tuttavia, lo studio della fiction diventa sostanziale per comprendere lo scarto tra le generazioni.

Non si può più parlare di cinema come di un compartimento stagno, diverso dalla letteratura, nonché separare la settima arte dal medium televisivo. Tutto si è mescolato nel concetto ampliato di storytelling. In questa categoria rientrano una serie di media, ognuno con una propria peculiarità, ma tutti soggetti a contaminazione reciproca che fanno parte del tessuto emotivo delle nuove generazioni. Infine, la scuola italiana, come nota Mario Maviglia, da circa 20 anni si sta avviluppando “intorno al concetto di 6 competenza e a come fare per promuovere competenze negli alunni e per stare al passo dei Paesi dell’area OCSE.

Ma c’è qualcosa di surreale in tutto questo, e forse anche di schizofrenico. Infatti, ogniqualvolta si parla di competenze (o di valutazione, per citare un altro moloch pedagogico oggi quanto mai attuale) si pensa quasi esclusivamente agli allievi, dimenticando che il processo di apprendimento avviene e si sviluppa all’interno di una relazione dove l’altro polo è rappresentato dal docente, se non addirittura dall’intero ambiente di apprendimento costituito dall’aula e dalla scuola, nella dimensione non solo materiale e organizzativa ma anche relazionale.” Una relazione, appunto. E come può esserci una relazione soddisfacente se le due parti hanno un lessico distinto, punti di riferimento diversi, radici culturali totalmente divergenti? Qualcuno potrà rispondere che la comunicazione tra le generazioni è sempre stata complicata, difficile. È un’affermazione senza dubbio vera, ma non può bastare di fronte alle trasformazioni epocali che stiamo vivendo.

La scuola non può quindi escludersi da questo passaggio, deve avere gli strumenti per comprendere i fenomeni e per decodificare la realtà “virtuale” che si va via via definendo. In questo senso vi sono molti tentativi per trovare nuovi modelli organizzativi e didattici della scuola, diversi tra di loro ma tutti convergenti verso il concetto di “Ambiente di apprendimento”.

Che cosa si intende, infatti, per ambiente di apprendimento? Il termine viene impiegato nel lessico delle scienze dell’educazione per indicare il passaggio da una visione incentrata sull’insegnamento (che cosa insegnare) ad una focalizzata sul soggetto che apprende e quindi sui suoi processi, con particolare attenzione a come è costruito il contesto di supporto all’acquisizione delle conoscenze (come facilitare, come guidare, come accompagnare gli allievi nella costruzione dei loro saperi, e perciò quali situazioni organizzare per favorire l’apprendimento).

La classica lezione frontale non può più essere sufficiente per la trasmissione dei saperi; si devono trovare nuove formule che non devono assolutamente diventare totem, ma possibili spunti in cui tutte le intelligenze emotive degli studenti siano stimolate. Di volta in volta, quindi, si deve utilizzare lo strumento efficace per creare la relazione tra studenti e docenti.

Molte sono le visioni. Il movimento di Avanguardie educative, voluto dall’Indire, propone una serie di idee – 12 per l’esattezza – con lo scopo di sfruttare le opportunità offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali per supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare. L’immagine può non far parte di questi processi?

Nello spazio di azione creato si verificano interazioni tra alunni e insegnanti che portano alla motivazione. La dimensione sociale diventa l’elemento essenziale per il successo scolastico ed in questo senso diventa fondamentale il ruolo dell’educatore che, progettando l’ambiente, diventa il REGISTA della situazione. Ma se il docente non conosce il ruolo del regista, non conosce il linguaggio che è alla base della relazione? Marc Ferro affermava che “Un film libera un’energia considerevole che un’insegnante deve trasformare in conoscenza attiva e duratura”. Certo, una fiction non può sostituire un esercizio o un libro ma ha la forza di imprigionare l’attenzione perché ha la potenza di un’esperienza vissuta, concretizza ciò che è solo lontanamente immaginabile sulla pagina stampata. Gli insegnanti, spiega Sorlin, devono imparare a “guardare” quello che si vede sullo schermo.

Cosi come sottolinea l’autore del libro, l’intento del libro, attraverso i vari contributi offerti, e di conseguenza del “Cantiere” è quello di offrire spunti di riflessioni che dovrebbero indurre il docente ad uscire dal ruolo di spettatore e fruitore passivo della fiction per entrare in quello di insolito “mediatore culturale” per gli studenti.

Lo faremo, secondo il metodo di lavoro che sta caratterizzando tutti gli “Cantieri” nati per dare contenuto alla programmazione delle attività #DiCultHer per il prossimo a.s., che punta un faro sulle ricadute della cultura digitale (ancorché filmica) in ogni ambito della vita civile, sociale e culturale, con particolare riferimento all’ambito scolare, per offrire al mondo giovanile, ma anche ai loro docenti, la piena consapevolezza del proprio ruolo nella modernità, essenziale nel raggiungere obiettivi di sostenibilità, attraverso un processo che pone al centro la loro ‘creatività’ e, soprattutto, per renderli protagonisti nei processi di costruzione identitaria e di cittadinanza attiva.

Un protagonismo orientato all’esercizio del diritto alla cultura, del diritto all’istruzione, del diritto all’innovazione, affinché queste competenze e abilità siano conseguite nello spazio educativo scolastico, come momento irrinunciabile per una “appropriazione culturale” della formazione stessa, di riferimento di ognuno e per la “formazione alla cittadinanza europea”. 

Cosi come per gli altri “Cantieri” anche FARE SCUOLA CON IL CINEMA si articolerà:

  1. Presentazione del “cantiere”, possibilmente in sede istituzionale;
  2. Serie di webinar di approfondimento sul tema del “Cantiere” (uno al mese, da ottobre 2023 a maggio 2024);
  3. Lancio o conferma di una Sfida di #HackCultura, l’hackathon delle studentesse e degli studenti per la Titolarità Culturale, collegato al Cantiere.
  4. Eventuale PCTO collegato alla sfida

Primi temi per i webinar di approfondimento

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