Arte, scienza e tecnologia, il patto per salvare il pianeta

L’intuizione del progetto The ReefLine a Miami.

di Matilde Ferrero *

Abstract

Il pianeta sta soffrendo a causa dell’impatto dell’uomo. Gli interessi economici improntati ancora a logiche manifatturiere e standardizzate impediscono di fermarsi, pensare, innovare, diversificare per un futuro che guarda al rapporto primordiale uomo-natura in un’ottica contemporanea. Nuovi modelli economici di sviluppo dovranno puntare sulle competenze artistiche, culturali, scientifiche e tecnologiche per costruire realtà più sostenibili per l’ambiente e la società. L’articolo presenta l’argomento da una prospettiva artistica, riportando quelli che sono le novità nell’ambito dell’arte contemporanea in rapporto alla salvaguardia del pianeta. L’arte è visione e forza trasformatrice e dovrà avere un ruolo fondamentale, accanto alla scienza, nel ristabilire un contatto con la natura. Insieme alla tecnologia, intesa come lo studio delle scienze applicate con particolare riferimento ai processi di trasformazione, l’arte può sfruttare la scienza e modificare il corso delle cose. Il progetto The ReefLine a Miami offre un esempio visionario ma concreto di fusione di competenze per il recupero della barriera corallina, sempre entro l’ottica del rapporto uomo-natura verso una convivenza ristabilita.

Abstract EN

The planet is suffering because of human existence. Economic interests still rely on manufacturing and standardized logics thus preventing us from stopping, thinking, innovating, diversifying for the reestablishment of a man-nature primordial relationship seen under a contemporary perspective. Next development economies need to focus on artistic, cultural, scientific and technological knowledge in order to foster sustainable practices for nature and society. The article examines the topic from an artistic perspective, reporting what is new in the field of contemporary art in relation to the sustainability. Art creates visions and acts as a transformative force and thus should play a fundamental role, alongside science, in re-establishing a direct contact with nature. Together with technology understood as the study of applied sciences with particular reference to transformation processes, art can exploit science and modify the course of nature. The ReefLine project in Miami offers a visionary but concrete example of combination of competences for the rehabilitation of the local coral reef, and craves after a re-established coexistence in nature.

Parole chiave: arte, scienza, tecnologia, sostenibilità ambientale, architettura

Termini come “urgenza ambientale” o “crisi climatica”non si leggono spesso sulle prime pagine dei giornali né si vedono in televisione. Si sente parlare di alluvioni, disastri architettonici, spiagge affollate a fine ottobre. Il concetto è lo stesso, ma i termini identificano un fenomeno pericoloso per la natura e per l’essere umano, da cui  probabilmente non ci sarà scampo, mentre le notizie riportano una realtà che, seppur disastrosa, ancora può essere soggetta a indifferenza da parte del pubblico.

Cosa può servire per richiamare l’attenzione delle masse, dei popoli di quel mondo occidentalizzato che continua a guidare incessantemente verso la morte certa della propria casa, del proprio pianeta? Se i fatti non bastano perché non comunicano realmente la gravità dei fenomeni, se le parole  caratterizzanti non vengono utilizzate per paura o per interessi economici, allora può entrare in scena l’arte, forza comunicativa potentissima e democratica (quando ben disseminata).

Figura 1: Small White Pebble Circles, Richard Long, Tate Modern. Fonte: Wikimedia Commons.

Il binomio arte e natura non costituisce sicuramente una novità nel mondo dell’arte contemporanea. Consacrata da una mostra collettiva alla Dwan Gallery di New York del 1968 e poi da un filmato di Gerry Schum, la Land Art segnava l’irruzione, negli anni Sessanta, della questione ambientale nel mondo dell’arte. Il paesaggio non era più solo oggetto dell’opera d’arte, ma diventavano materia. La natura diventava così la tela dell’artista, dando voce a una riflessione sul rapporto uomo-ambiente. Le opere di Land Art si discostano da tutta la tradizione della conservazione dell’arte, poiché si distinguono per un dichiarato carattere effimero e transitorio. D’altronde, l’astrazione e la solitudine, il romanticismo dei non-luoghi, degli spazi così desertici e omogenei da richiamare l’infinito e l’indeterminato sono alcuni dei principi fondanti del romanticismo della Land Art. Espressione altissima di questo concetto è l’opera di Richard Long, che evoca il ritorno alle origini costruendo le sue opere con materiali trovati sul posto, nel paesaggio, e componendo forme primitive come cerchi, linee, spirali.

Figura 2: Idee di pietra – Olmo, Giuseppe Penone, Biennale di Venezia. Fonte: Wikimedia Commons.

Parallelamente, negli anni Sessanta, nasce a Torino l’Arte Povera, un movimento che segna le opere di alcuni dei più grandi nomi della seconda metà del Novecento e di oggi, tra cui Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto. Il nome “Arte Pover”a, coniato dal critico d’arte Germano Celant che lo utilizzò nel suo scritto Arte povera: appunti per una guerriglia pubblicato sulla rivista Flash Art, fa riferimento alla natura umile dei materiali impiegati (stracci, oggetti riciclati, legna, terra) e alla volontà degli artisti di adottare un linguaggio più basso rispetto all’arte tradizionale, considerata troppo pretenziosa per poter comunicare con la società contemporanea. Alcuni materiali dell’arte povera ed in particolare alcuni artisti come Giuseppe Penone condividono con la Land Art l’idea di sviluppare l’opera d’arte nel paesaggio, utilizzando oggetti trovati in natura.

Sul legame tra Arte Povera e natura si è fondata la mostra Naturecultures, tenutasi alle OGR di Torino l’estate scorsa, che ha voluto celebrare gli artisti del movimento come precursori dell’ecologia contemporanea e della necessità di un nuovo equilibrio ambientale. Naturecultures si inserisce in realtà in un ampio spettro di mostre dedicate alla natura e, diciamolo ad alta voce, alla crisi climatica. C’è stata, ad esempio, Arte Circolare, inaugurata da Spazio Taverna a Roma e conclusasi lo scorso maggio. Qui, il fondamento della mostra non risiede più nel rileggere un movimento storico in chiave moderna come alle OGR, quanto nel commissionare ad artisti italiani emergenti opere legate alla natura, alla sostenibilità e all’ambiente. In un certo senso, un’operazione di marketing e di mecenatismo promossa dal CONAI, un consorzio di imprese attivo sul territorio nazionale nel settore degli imballaggi.

Figura 3: Objecto magico encontrado, Glenda León, Galleria Nazionale di Roma. Fonte: il manifesto

Il legame arte-natura sta diventando uno strumento di marketing (da non intendere, per forza, nella sua accezione negativa) non solo per le realtà come il CONAI, ma anche per musei come la Galleria Nazionale di Roma. Con la mostra HOT-SPOT – Caring for a Burning World, la Galleria di Roma ha proposto opere selezionate “per approfondire la complessità della situazione attuale proponendo più che una visione di denuncia un attivismo estetico che intende stimolare la riflessione e sensibilizzare al disastro, per immaginare un diverso rapporto con il pianeta” (La Galleria Nazionale, n.d.). Per fare un esempio, l’artista Glenda León suggerisce una rinascita nel suo pianoforte fiorito, come per ricordare che la vita e la natura hanno un’enorme capacità di resilienza.

Figura 4: Fotografia storica (estate 1868): Conca della Mer de Glace con la parete nord delle Grandes Jorasses (pilastro Walker) a sinistra e la Dent du Géant all’orizzonte a destra; dal bordo occidentale della Mer de Glace, vicino a Montenvers. Braun Adolphe, Fonte: Bibliothek Zürich.

Fotografia moderna (estate 2021): ibidem, Fabiano Ventura, Fonte: Associazione Macromicro

Le tre mostre di Torino e Roma sono eloquenti ma non bastano. Il legame con la natura c’è, ma sembra essere ancora fragile. È un rapporto uomo-natura che risulta ostentato e talvolta persino forzato, non più romantico come nella Land Art, né essenziale come nell’Arte Povera. Interessante da questo punto di vista la mostra Earth’s Memory, i ghiacciai testimoni della crisi climatica, al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, fino al novembre scorso. Qui, forse per la vicinanza alla montagna, la centralità della natura emerge subito, potente ed eloquente. Il rapporto uomo-natura c’è, ma è distruttivo. L’arte e la fotografia sono i media, la montagna e i ghiacciai sono i protagonisti di un viaggio fotografico-scientifico diretto dal fotografo Fabiano Ventura. Qui, “grazie alla forza delle immagini contemporanee e al raffronto con le identiche inquadrature immortalate dai grandi maestri del passato prima della crisi climatica, la mostra comunica in modo inequivocabile gli effetti del riscaldamento globale sugli ecosistemi, proponendo al visitatore un’intensa riflessione sul rapporto che lega l’uomo e l’ambiente naturale” (Forte di Bard, n.d.). A Bard l’arte entra in gioco come media potente e duraturo in grado di mettere l’uomo davanti a una realtà brutale. Non solo le fotografie, ma anche la video installazione interattiva dell’artista Paolo Scoppola, opera d’arte gagliarda che scuote il visitatore utilizzando la tecnologia per renderlo partecipe di una situazione così reale, concreta e naturale. In Walking through Time, titolo dell’opera, un grande schermo riproduce immagini del passato di paesaggi montuosi che genera un’apertura verso il presente non appena un visitatore si avvicina, svelando all’improvviso la distruzione provocata dall’uomo sul paesaggio (Paolo Scoppola, n.d.).

Figura 5: Miami Beach. Fonte: The ReefLine

È questo approccio, diretto e disilluso, ormai lontano anni luce dal romanticismo del Novecento, che può avere un impatto reale sulla società. Se la mostra al Forte di Bard è un grido di denuncia, il passo successivo è rappresentato da quelli che possiamo definire vere e proprie azioni sul territorio, progetti artistici che intervengono a ripristinare un rapporto primordiale tra uomo e natura, con l’aiuto della tecnica e della tecnologia. Un esempio di questo approccio è il progetto The ReefLine, ideato per la conservazione e il recupero della barriera corallina di Miami, dove la tecnologia è intesa come processo complesso di trasformazione che coinvolge diverse competenze e conoscenze. In Italia, il progetto è stato presentato e discusso nel corso della scorsa edizione del festival Utopian hours a Torino dalla visionaria autrice del progetto, Ximena Caminos (Utopian hours, n.d.). L’imprenditrice, a capo della BlueLab Preservation Society, ha fondato The ReefLine con l’obiettivo di convincere il mondo che il turismo, l’arte e la conservazione degli ecosistemi possono coesistere (The ReefLine, n.d.). I dieci chilometri di barriera corallina che verranno costruiti al largo di Miami a partire dal 2023 avranno un impatto positivo sulla salute dell’habitat sottomarino, andando a generare un vero e proprio parco pubblico sott’acqua. Caminos ha raccontato la storia del processo che ha portato a un accordo con la città e l’Università di Miami per avviare il progetto. E poi, il disegno del progetto che ha visto la partecipazione di designer, artisti e studi come il famosissimo OMA di Rem Koolhaas nella progettazione di installazioni artistiche che contribuiranno alla realizzazione dell’ambiente sottomarino.

La mission di The ReefLine consiste nella volontà di unire la conservazione, l’arte e la scienza, divenendo voce guida degli sforzi per la salvaguardia degli oceani in atto a livello globale. Il progetto contribuirà a migliorare le relazioni con la comunità, ispirerà i giovani attraverso una nuova educazione, creerà opportunità di finanziamento e donazioni volte al sostegno della salvaguardia ambientale. L’obiettivo è ristabilire un contatto tra cultura, comunità e natura attivando una collaborazione multidisciplinare tra i professionisti dei tre settori. L’obiettivo primario consiste nel ripristinare la barriera corallina, intervenendo sull’operazione che la Nova Southeastern University ha realizzato ormai vent’anni fa schierando una serie di barriere artificiali sperimentali in una porzione di costa di Miami Beach.

Una fotografia aerea di Miami Beach mostra come la sabbia di precedenti progetti di conservazione della spiaggia di South Beach sia stata trascinata al largo, soffocando la barriera corallina naturale. Le aree bianche sono sabbiose, le aree scure sono scogliere e fondali duri colonizzati. L’inserimento di substrati per la nuova barriera corallina e di sculture artificiali su questo fondale ora sabbioso servirà a ripristinare l’ecosistema marino, ad attrarre un turismo subacqueo e a incoraggiare un centro di studi dedicato alla vita sottomarina. La nuova barriera corallina non porterà con sé esclusivamente benefici economici, ma servirà anche da difesa contro le catastrofi ambientali causate proprio dal deterioramento del rapporto uomo-natura.

Figura 6: Rendering di Heart of Okeanos. Fonte: The ReefLine

In un progetto di recupero e conservazione della barriera corallina di Miami Beach, che ruolo ha l’arte nel ricostruire il rapporto uomo-natura? L’intervento, che sarà guidato dallo studio OMA, è di natura architettonica e artistica. Per il masterplan, lo studio ha progettato un’unità modulare geometrica che può essere dispiegata e impilata da South Beach a nord, seguendo la topografia del fondale marino, facendo da barriera. Il frangiflutti costituirà il tessuto connettivo del progetto e sarà scandito da una serie di installazioni site-specific.

Heart of Okeanos è una scultura site-specific che unisce arte, scienza e tecnologia, concepita per rappresentare il funzionamento cardiovascolare del dio greco dell’oceano. L’artista inglese Petroc Sesti ha ricreato la biologia del cuore di una balenottera azzurra ritrovata sulla spiaggia dagli scienziati del Royal Ontario Museum in Canada. Quello della balenottera azzurra è il cuore più grande del regno animale, e le sue dimensioni servono a rendere l’opera faro sottomarino consacrato alla meditazione. L’opera rappresenta il risultato delle ricerche di Sesti per contribuire alla salvaguardia dell’oceano. Heart of Okeanos verrà infatti realizzato con un materiale ispirato alla vita nell’oceano, pensato per assorbire il carbonio tramite un dissipatore di carbonio chiamato CarbonXinc, una novità nel mondo dell’arte. Per la realizzazione del materiale, Sesti ha studiato e riprodotto le caratteristiche del cemento paleozoico romano e degli organismi marini come il corallo che catturano il carbonio per creare le proprie strutture. L’obiettivo finale della realizzazione di Heart of Okeanos è riportare in vita un pezzo di oceano che diventerà una barriera corallina vivente e brulicante di biodiversità. Sesti lavorerà con il biologo marino di The ReefLine Shelby Thomas, che disseminerà coralli viventi su tutta la scultura, contribuendo insieme all’artista Petroc Sesti al miglioramento degli habitat marini con barriere coralline artificiali a PH neutro e resistenti ai cambiamenti climatici.

Figura 7: L’opera Order of Importance presentata ad Art Basel Miami nel 2019, Leandro Elrich. Fonte: The ReefLine

La seconda opera sarà Concrete Coral, l’evoluzione permanente dell’opera Order of Importance, presentato dall’artista argentino Leandro Elrich a Miami Beach durante Art Basel 2019. L’opera di Art Basel è una ricostruzione del traffico stradale realizzata interamente con la sabbia sulla spiaggia di Miami,  dove le macchine sembravano emergere improvvisamente dalla sabbia, per poi sparire nuovamente lasciando spazio alla spiaggia. Il lavoro di Elrich rappresenta una riflessione sulla caducità del nostro stile di vita contemporaneo, oltre che una riflessione sul tempo e sul suo potere trasformativo. L’installazione di Art Basel si evolverà sotto il mare come parte di The ReefLine, sarà fatta di macchine in pietra che man mano verranno colonizzate dalla vita marina e che rappresenteranno un nuovo habitat per gli organismi della barriera corallina. Concrete Coral offrirà una lettura completamente nuova della caducità rappresentata in Order of Importance. A differenza delle macchine di sabbia sulla spiaggia, le sculture sottomarine non si degraderanno nel tempo, ma si fonderanno con l’ambiente naturale. Nell’opera di Elrich, la struttura di veicoli creati dall’uomo, simbolo della crisi climatica e del pericolo generato dall’essere umano, si trasforma in uno strumento silenzioso e efficace per la conservazione della barriera corallina.Heart of Okeanos e Concrete Coral sono solo due delle installazioni che contribuiranno a restituire vita alla realtà sottomarina di Miami Beach, le altre verranno selezionate con un bando pubblico che verrà pubblicato sul sito del progetto al fine di realizzare una vera e propria mostra sottomarina. Una concezione di arte e di museo che scardina i modelli ottocenteschi europei, votati al collezionismo e alla conservazione dell’opera, e inaugura un’ottica dell’hic et nunc, dove l’arte contemporanea finalmente vive e dialoga con i coralli, i pesci e le persone che la circondano.

Figura 8: Rendering di Concrete Coral. Fonte: The ReefLine

C’è poi l’approccio digitale, rappresentato da Machine Hallucinations: Coral (AI Data Sculpture), risultato del progetto di ricerca dell’artista turco Refik Anadol, studio sull’estetica dei dati basata su memorie visive collettive della natura e degli ambienti urbani. Anadol e il suo team hanno raccolto 300 milioni di dati incentrati sul tema della natura e hanno utilizzato 1,7 milioni di immagini di corallo ricavate da piattaforme di social media disponibili al pubblico, per poi elaborarle con modelli di classificazione di machine learning. Mentre la mente-macchina inizia a stabilire le proprie connessioni tra punti dati e “allucinazioni” su forme e colori di corallo alternativi, l’universo dei dati si espande in un cosmo latente in cui la dinamica dei fluidi diventa l’ispirazione principale della creatività artistica di Anadol. Collegando un ecosistema digitale di dati e un paesaggio che ospita molti ecosistemi viventi, l’opera d’arte si concentra così sulla conservazione e la sostenibilità, e apre la strada a studi scientifici.

Come dimostra la varietà delle ricerche in atto per costruire la barriera corallina del futuro, The ReefLine è un progetto unico e innovatore, multidisciplinare, che spazia dall’architettura all’urbanistica e alla riqualificazione, passando dallo studio della biologia marina e sconfinando nell’arte contemporanea. La visione dell’imprenditrice culturale Ximena Caminos non solo si fa sempre più concreta nei piani di OMA e nei progetti degli artisti già coinvolti, ma ci indica una via chiara per reinterpretare in ottica contemporanea il rapporto primordiale uomo natura e riscattare l’umanità da un passato di sfruttamento incauto della natura.

Bibliografia

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Celant, G., (1989). Arte povera: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabbro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio. Torino, Allemandi Editore.

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La Galleria Nazionale (n.d.), HOT-SPOT-Caring for a Burning World.

https://lagallerianazionale.com/mostra/hot-spot-caring-for-a-burning-world

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The ReefLine (n.d.), Masterplan.

https://www.thereefline.org/masterplan

Utopian Hours (n.d.), The ReefLine.

Matilde Ferrero (1995) è laureata in Beni Culturali all’Università di Torino e in Economia della Cultura all’Università Alma Mater di Bologna. È dottoranda all’Università di Catanzaro con una tesi sulle dinamiche di mercato e le politiche a sostegno dell’arte contemporanea.