La rivalutazione della Magna Grecia – cultura, identità e appartenenza – nel rapporto fra tradizione e modernità

Intervista a Davide Murolo, a cura di Francesca Pizzuti (DiCultHer)

David Alberto Murolo, originario di Reggio Calabria, ha ricoperto diversi e importanti ruoli per la nascita e lo sviluppo di aziende innovative, nella creazione di contenuti e tecnologie multimediali, nei settori dell’arte e degli audiovisivi, finalizzati alla promozione dei beni culturali.

Appassionato di musica, arte e letteratura odeporica, coltiva la sua passione per il Mediterraneo, anche attraverso progetti culturali e artistici internazionali, rivolti soprattutto alla rigenerazione sociale, urbana e paesaggistica. È autorevole membro del Consiglio Scientifico della nostra rivista Culture Digitali.

Abbiamo chiesto a David, partendo da un’analoga intervista rilasciata al Centro Studi Francesco Perri, il suo punto di vista relativo all’obiettivo della rivista di sostenere l’educazione al patrimonio culturale per “riappropriarsi della titolarità partecipata all’Europa ripartendo dalla Cultura come bene comune per una nuova Megàle Hellàs, che sappia raccogliere la straordinaria eredità culturale italiana ed europea, accrescendola grazie alle potenzialità dei suoi giovani e valorizzandola col coinvolgimento delle «comunità di patrimonio», nello spirito della Convenzione di Faro”.Lo abbiamo fatto chiedendogli di partire dal Museo Archeologico di Reggio Calabria con i suoi inestimabili reperti ed i grandiosi Bronzi di Riace, dal sito archeologico di Locri Epizephiri e dalla Magna Grecia: “Itala nam tellus Graecia maior erat”, come recitava Ovidio (43 ac/17-18 dc) nei suoi Fasti, opera rimasta incompiuta.

Noi di DiCultHer puntiamo alla creazione condivisa di una nuova e simbolica Megàle Hellàs che abbracci ed accolga l’eredità culturale italiana ed europea. Ti occupi da tanto del Mediterraneo, della sua storia e delle sue meraviglie; possiamo dire che la Magna Grecia esiste ancora? O è solo un rimpianto, un modo di rimanere attaccati a un lontanissimo passato glorioso?

La Magna Grecia non è un’eco della storia, ma la concreta, viva e costante espressione delle nostre relazioni di appartenenza coi luoghi e le persone, con un certo senso del tempo e del paesaggio e con la lingua, con cui definiamo gran parte di ciò che ci circonda.

Ho trascorso un lungo periodo della mia infanzia a Scilla e posso assicurarti che il mito è vero perché ne conosco la bellezza e il pericolo…

Come quando Eolo soffia sulle onde che vanno a frangersi nell’antro dai denti aguzzi e lo scipho deve riparare nei catoi, quando Cariddi beve i due mari e quando è il momento di passaggio dello xifia. E ancora, trovarsi con amici dall’antico cognome greco in escursioni nell’Aspromonte, da Pentidattilo all’Amendolea, Chorio e Vua e in altri cento luoghi dell’area basiliana jonica e poi, da Gerace attraverso lo Sciarapotamo fino ad Anoia, Galatro, e la costa da Nicotera, a Panaia, Parghelia, gustando cerasi, portucalli, frauli, pite, cudduraci, musulupa, nacatole, per scoprire mille segni del sacro e del mito, fusi nelle tradizioni religiose e popolari.

Insomma, non si tratta di un recupero nostalgico di vetuste glorie, ma di un’esperienza visibile e concreta, di un logos palpabile. Si può quindi indiscutibilmente parlare di una Megàle Hellàs ancora attuale e tangibile da cui partire per ampliarne i confini dal Mediterraneo all’Europa tutta, recuperandone in chiave innovativa i frammenti e le influenze e le istanze culturali (artistiche, architettoniche, intellettuali…) che hanno concretamente operato nei secoli attraverso la confluenza e l’interazione tra i popoli e i loro territori.

Per noi è davvero importante sostenere un recupero attivo e appassionato delle nostre origini storiche affinché i giovani possano vivere il presente, l’oggi, consapevoli del processo culturale che ci ha formati e identificati. Riformulare, quindi, un sentimento di “appartenenza” ai nostri territori, da ciò che erano a ciò che sono diventati in un processo diacronico, mitico e simbolico in perenne trasformazione.

Un caro amico e raffinato regista d’animazione, Simone Massi, nel suo cortometraggio “Io so chi sono”, esprime con grande efficacia immaginativa il senso della parola appartenenza, quel centro di gravità permanente del nostro essere, della consapevolezza dell’esistere in rapporto agli altri.

Io so bene chi sono a partire dal punto geografico in cui sono nato, alla punta estrema d’Italia, in un crocevia di mari e culture, con alle spalle montagne alte e ripide e davanti tutte le possibili rotte per raggiungere rive, luoghi e civiltà di cui sono l’erede.

La memoria e il radicamento ai luoghi e alla famiglia, l’assimilazione del dolore e dei momenti drammatici che sfocia nel simbolico, l’uso di una fantasiosa ironia a stemperare gli accesi contrasti, la resistenza alle avversità attraverso la fede, la creatività e la metafora sono i caratteri salienti e l’attitudine di chi nasce nel meridione. Allo stesso modo in cui si appartiene e ci si adatta ad un paesaggio mutevole e incantevole, disordinato, abusato, rigoglioso e desolato.

Nelle “Indie di quaggiù”, come da citazione delle missioni dei Gesuiti nel sud Italia del XV sec, esistono e resistono ancora luoghi perduti, necessari alla fuga nell’anima, sopravvivono pietanze, arti e architetture come somma di civiltà accatastate le une sulle altre. Una geografia dei luoghi e del cuore che tratteggia uno stile di vita, un’identità collettiva, centrata su un proprio senso del tempo e della sua interpretazione.

Purtroppo i territori della Magna Grecia, le antiche e gloriose colonie del sud Italia, sono oramai spesso associate a un’idea di degrado e arretratezza civile, strutturale ed economica. Ciò si pone in antitesi con la nostra volontà di recupero della Storia e della Cultura in sé come beni comuni e primari per le nostre vite.

Il tempo dilatato, assaporato, quel tempo buono per la riflessione, l’astrazione, il godimento della bellezza come sublimazione dell’anima; quel riconoscimento etno-identitario, affondato in un humus commisto di storia, cultura e mitologia, che avrebbe dovuto accomunare l’intero Popolo di “santi, poeti e navigatori”, nel momento dell’Unità d’Italia, che coincise con la seconda rivoluzione industriale, intrappolò invece le regioni del Sud, in un pregiudizio di arretratezza socio culturale che, ancora oggi, a partire dalla iniqua distribuzione delle risorse economiche, stringe la Magna-Grecia nelle sue spire.

La corsa, prima all’industrializzazione, con un sentimento imperante di totale fiducia nel progresso, decantato dalle avanguardie culturali europee, per il valore assoluto di velocità e dinamismo che ne scaturiva, fino alla globalizzazione e al nuovo mito di una “Milano da bere”, ha finito col relegare la grande culla della civiltà magno-greca, serbatoio inesauribile del pensiero critico e di raffinatezza artistica, all’immaginario di un profondo sud, povero e arretrato.

Da qui la convinzione, sempre più radicata nel popolo meridionale, che tutto ciò che rappresentava quella civiltà inferiore – arti, saperi, architetture, storie, paesaggi – non avesse valore e fosse del tutto inutile. Pertanto, gli abitanti di terre un tempo mirabili per i fasti architettonici e bellezze naturali, hanno volontariamente lasciato smarrire la propria memoria storica e territoriale, autoconvincendosi ormai di essere “razza inferiore, negletta, criminale per nascita”. Sobillati da classi dirigenti e da una politica mai realmente impegnata per il bene complessivo del Paese.

Ritengo necessario quindi, diritto e dovere di ognuno di noi, pensare a una ri-valorizzazione viscerale di quella civiltà antica -ma ancora attuale- eclissata nei cuori e nelle menti dei più. Mediante progetti ad ampio respiro che possano informare e quindi risvegliare le coscienze dei giovani al recupero di antichi valori passando necessariamente attraverso la rivalutazione di questi territori. Attraverso ciò che questi territori hanno ancora da raccontarci a partire dai loro profumi, sapori, dalla memoria storica che paesaggi urbani e naturali incorporano come testimoni silenziosi di un’eredità culturale sterminata.

Invece sentenziare presuntuosamente, senza chiarire quanto accaduto in Italia ma anche in Grecia e Spagna nel rapporto sbagliato fra tradizione e modernità, tra cultura e politica, non fa altro che avallare il preconcetto antimeridionale in senso lato, aumentare le contrapposizioni inutili e demagogiche creando maggiori distanze tra europei.

L’informazione e la Cultura possono salvarci dal degrado valoriale e umano che la nuova società capitalista sta più o meno coscientemente diffondendo?

Oggi qualcosa inizia a cambiare nel rappresentare l’orgoglio di appartenenza al territorio ma non dimentichiamoci che per più di un secolo quel senso di colpa e di inferiorità, alimentato dai media, è stato a tal punto annichilente, da far percepire il Sud Italia, con tutte le sue tradizioni, memorie e geografie, pesantemente a rimorchio di un’Italia produttiva, snella e brillantemente lanciata in direzione di quel rigoglioso futuro che oggi è sotto gli occhi di tutti.

La fervida attività intellettuale, nel frattempo, è stata il naturale e più efficace antidoto all’impoverimento socio-culturale del meridione e la sua migliore difesa contro le mafie ed i pregiudizi.

In Magna Grecia, ne parlo al presente infatti, il recupero di elementi ancestrali e spirituali, nelle tradizioni sopravvissute, soprattutto nella musica, nelle danze e componimenti, è ancor oggi la chiave perfetta per accedere e comprendere profondamente l’anima dei luoghi.

Dietro le brutture di un’urbanizzazione scellerata, che ha vilipeso la meraviglia vergine dei luoghi, floridi di verde e trionfali di cobalto, dietro il saccheggio avido di una consolidata imprenditoria predona, dietro il depauperamento di significative risorse locali e l’offuscamento dei tratti tipicamente caratterizzanti di luoghi e anime, il cuore nobile, appassionato della più sofisticata e, contemporaneamente, primitiva e carnale cultura magno-greca, non ha mai smesso di battere.

Una delle nostre più grandi missioni è quella di responsabilizzare i giovani, renderli consapevoli del ruolo attivo che essi ricoprono nel valorizzare i territori di nascita ed appartenenza. Soprattutto mediante l’utilizzo di contenuti e tecnologie multimediali: il progresso tecnologico al servizio del patrimonio culturale.

Approvo pienamente, sostengo e supporto i vostri progetti di educazione culturale rivolti ai giovani adulti, soprattutto mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie quale condizione necessaria per coinvolgere, avvincere e interessare anche le ultimissime generazioni.

È importante però avere la consapevolezza che intere generazioni di giovani studenti sono stati formati su testi e storie che certamente hanno infuso la consapevolezza dell’immenso patrimonio culturale italiano, ma, per colpa di questa impostazione colonialista, sono stati in qualche modo alienati dai luoghi di appartenenza e privati del racconto di quella loro bellezza.

Molti non conoscono davvero l’immensa ricchezza artistica che deteniamo in territori percorsi e raccontati nei secoli da geografi greci, romani, arabi, da artisti, poeti, monaci bizantini e nei racconti dei viaggiatori del Grand tour…

Conoscere, analizzare e comprendere le ragioni profonde dei mali del Sud e delle sponde meridiane, per chi ci osserva da altre latitudini, ma anche per chi al Sud ci è nato e ci vive, è necessario e doveroso per smettere di esprimere sterili giudizi e proporre invece fattivi rimedi alla cronicità distorta della storia.

Come dicevamo, quindi, si tratta di Responsabilità attiva e consapevole.

Il mondo del digitale e lo sviluppo delle nuove tecnologie possono secondo te, come noi promuoviamo e auspichiamo, contribuire in modo massiccio al recupero di una memoria storica che sostenga la rivalutazione socioculturale e valoriale dei nostri territori meridionali?

Purtroppo, come dicevamo, alla semplificazione e banalizzazione stereotipa dei contenuti socioculturali del nostro meridione, utile ad una fruizione “pret a porter” delle sue caratteristiche ad uso e consumo di un facile turismo, ha corrisposto un avvilimento etico estetico che lo snatura.

Di contro, la tecnologia, i nuovi media e il digitale, seppur modelli eccellenti dell’attuale politica economica di debordiana memoria, rappresentano un’importante risorsa di sviluppo e opportunità di ampliamento di conoscenza. In questo senso sin da giovane ho lavorato, nel costante tentativo di decostruire immagini stereotipe e auto-rappresentazioni omologanti, volendo fortemente coniugare arte e tecnologie, così da poter avvicinare autenticamente l’anima dei luoghi in maniera “semplice” e attraente, restituendo alle persone e alla comunità la propria dignità di soggetti protagonisti della storia.

Nel 1997 sono stato il protagonista di uno dei primi progetti digitali di successo premiato dall’Unione Europea rivolto soprattutto al meridione d’Italia creando oltre 70 mediateche nelle biblioteche di piccoli paesi e città che rappresentarono un volano di sviluppo economico e sociale e la testimonianza di molti soggetti pubblici di voler partecipare ai processi di innovazione tecnologica soprattutto in quei territori ad alto disagio e di gap digitale ed informativo. Riaprire le vecchie e “polverose” biblioteche dotandole di infrastrutture digitali tramite servizi gratuiti di informazione e formazione al cittadino, di orientamento al lavoro, di supporto alla didattica e all’istruzione, digitalizzazione di contenuti analogici e audiovisivi, rese la cittadinanza attiva lì dove c’era poco o nulla come possibilità di aggregazione sociale offrendo al territorio strumenti di promozione turistica e culturale.

Molte di queste strutture nel tempo si sono evolute divenendo centri di eccellenza, altre per miopia politica e per una mancata programmazione delle risorse destinate alla cultura e digitalizzazione, sono state chiuse con grave danno per i cittadini, in primis. Oggi più che mai a seguito delle misure imposte dalla pandemia gli istituti culturali, musei, biblioteche, archivi pubblici e privati si trovano davanti ad un crocevia ricco di opportunità e avranno un ruolo decisivo nel garantire una società basata sull’inclusione nell’offrire infrastrutture della conoscenza ricche di contenuti e strategie di promozione culturale.

Per supportare tale processo, sono necessarie politiche proattive come quelle rappresentate da DiCultHer atte a stimolare modelli partecipativi in stretta relazione con l’ambiente, le comunità locali e l’economia sostenibile, identificando nuovi approcci diretti alla creazione e sviluppo di sistemi digitali che agiscono come antenne di innovazione sulla promozione culturale, educativa e turistica. Dotarsi di una visione e di una programmazione che contempli proposte in cui l’identità locale e mediterranea è valorizzata e integrata alle politiche di innovazione europee e mondiali quale risorsa per lo sviluppo sostenibile e duraturo dei territori e degli attrattori culturali è fattore indispensabile per la coesione sociale e il posizionamento competitivo dei territori meridiani in un mondo ormai globalizzato. Ammirando l’arte greca, ad Atene come a Reggio e in giro per il mondo, si intuisce la linea costante di un pensiero ancor oggi profondo e attuale di quella che fu la visione più rapida della realtà, il contatto più semplice con l’armonia divina delle cose, di un’arte scolpita nelle nostre anime contro l’irrisione dei barbari antichi e moderni, offrendoci possibilità di vittoria e rigenerazione.