Verso la determinazione di indicatori per misurare l’innovazione culturale

Riccardo Pozzo

Abstract EN

This paper poses the problem of individuating indicators for measuring cultural innovation. It considers the implications for the job market of cultural innovation as the outcome of complex processes that involve the reflection of knowledge flows across the social environment within communities of practices while fostering the inclusion of diversity in society.

Abstract IT

Questo articolo pone il problema di individuare indicatori per misurare l’innovazione culturale. Considera le implicazioni per il mercato del lavoro dell’innovazione culturale come il risultato di processi complessi che coinvolgono il riflesso dei flussi di conoscenza attraverso l’ambiente sociale all’interno di comunità di pratiche, promuovendo l’inclusione della diversità nella società.


Finalmente, benché solo di recente, si è iniziato a parlare di innovazione culturale, enucleandone processi e prodotti e la loro operatività in casi di studio empirici. L’idea è che si possa misurare l’innovazione culturale in termini di co-creazione, che a sua volta comprende una serie complessa di processi.

In questo contesto, è stato possibile individuare cinque aree che producono una base estesa per valutare i risultati dell’innovazione culturale, presentando tuttavia sovrapposizioni (Pozzo et al. 2020). Di qui la necessità di passare alla determinazione di indicatori che ne permettano la misurazione.

La prima area riguarda l’accesso: misurare il numero di utenti delle conoscenze prodotte per disciplina all’interno delle discipline umanistiche può essere visto come un concetto oscuro, soprattutto poiché da un punto di vista interdisciplinare la ricerca sta diventando sempre più diffusa.

La seconda area concerne la partecipazione: la “Rome Declaration on Responsible Research and Innovation in Europe” (EC 2014) afferma chiaramente che la partecipazione rappresenta una questione prioritaria. Tale visione risulta conveniente per la nostra tesi, dato che l’innovazione culturale si basa sulla co-creazione, o piuttosto sulla partecipazione dei gruppi della società civile che prendono parte alla co-creazione dei processi.

La terza area è connessa all’uso: anche se potrebbero esserci delle sovrapposizioni tra l’accesso ai dati e il loro l’utilizzo, la differenza tra queste due parti diviene notevole nei casi di condivisione dei dati da parte degli utenti. Tali pratiche hanno un impatto sostanziale sulle politiche pubbliche: i legislatori hanno capito che stanno emergendo nuovi usi, attori, nonché modelli di business, le cui evoluzioni richiedono un monitoraggio costante.

La quarta area riguarda la riflessività, ovvero la capacità dell’individuo di distinguere nella massa indiscriminata di esperienze come flusso di contenuti mobili, isolando determinati elementi rilevanti e concentrando l’attenzione su di loro. In altre parole, il termine riflessione descrive un processo che si basa su individui che riflettono adeguatamente la cultura, e diventano così produttori di nuove conoscenze.

L’ultima area riguarda infine l’inclusione, la quale si pone a garante di quei cittadini che hanno ottenuto accesso ai processi di condivisione della propria riflessione all’interno della co-creazione partecipativa. A livello sociale, i luoghi in cui si svolge la co-creazione assumono i tratti di spazi di scambio, nei quali i cittadini si impegnano nel condividere le loro esperienze mentre si appropriano dei contenuti dei beni comuni.

Per questo motivo, si possono definire i risultati dell’innovazione culturale all’interno delle seguenti caratteristiche:

  • promuovere l’innovazione aperta: l’innovazione culturale stessa è necessariamente aperta perché la cultura è intesa come condivisa nella società. Inoltre, l’innovazione culturale dovrebbe contribuire al carattere di apertura in altre forme di innovazioni, come ad esempio l’innovazione tecnologica o l’innovazione nella pubblica amministrazione;
  • migliorare il benessere: caratteristica dell’innovazione culturale che è condivisa con l’innovazione sociale, vale a dire il miglioramento del benessere delle persone o delle comunità;
  • trasmettere il patrimonio e il contenuto della cultura: dal patrimonio mondiale dell’Unesco ai siti, i musei, i luoghi della cultura e alle collezioni locali;
  • promuovere la creatività: le industrie culturali e creative necessitano di questa caratteristica. Inoltre, la creatività stessa può essere intesa come un processo di creazione di nuove esperienze a partire da materiali esistenti, che in questo caso sono i beni comuni;
  • avere esperienza della bellezza: un valore, o meglio la condizione di possibilità per definire un’esperienza estetica, che a sua volta richiede una sorta di politica della bellezza (Pozzo et al. 2020, 429).

In conclusione, l’innovazione culturale, la riflessione e l’inclusione sono le condizioni per nuove politiche occupazionali (per tutti i livelli di istruzione) attraverso l’intera catena dell’innovazione, dalla scuola al mercato del lavoro e alla società civile. Nei prossimi anni, è da sperare che nel mondo intero si affermi una civiltà dialogica che guarda al futuro. Si tratta di un compito enorme. L’innovazione culturale interagisce con la ricerca di base (in scienze ambientali, pedagogia, psicologia, sociologia, scienze sociali e comportamentali, scienze religiose, storia, economia e studi regionali), e con la ricerca applicata (in studi di genere, ricerca sulla coesione sociale, studi culturali, disuguaglianze economiche e innovazione imprenditoriale per l’equità occupazionale, capitale umano e talenti, sviluppo dell’organizzazione del lavoro). La civiltà non può essere che dialogica, mutevole, adattabile. La riflessione e l’inclusione si costruiscono ogni volta che siamo in contatto con altri esseri umani, indipendentemente da dove provengano. Questo dobbiamo imparare.

Riferimenti

European Commission (2014), Rome Declaration on Responsible Research and Innovation in Europe, Brussels, Directorate-General Research and Innovation. Open Access at https://www.sis-rri-conference.eu/wp-content/uploads/2014/12/RomeDeclaration_Final.pdf.

Pozzo, R./Filippetti, A./Paolucci, M./Virgili, V. (2020), What does Cultural Innovation stand for? Dimensions, Processes and Outcomes of a new Innovation Category, «Science and Public Policy», 47(3), 425-433. Open Access at https://doi.org/10.1093/scipol/scaa023.

Riccardo Pozzo

Università di Roma Tor Vergata/Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

Email: riccardo.pozzo@uniroma2.it

Riccardo Pozzo è uno storico della filosofia e un esperto di politiche della ricerca e dell’innovazione. Il suo approccio si basa sull’uso della modellazione concettuale per la documentazione e l’elaborazione di contenuti testuali. Durante il suo mandato al CNR, ha promosso la partecipazione dell’Italia alle infrastrutture di ricerca europee per le scienze sociali e umane CESSDA ERIC, CLARIN ERIC, DARIAH ERIC, EHRI, ERIHS, ESS ERIC, OPERAS, RESILIENCE, RISIS, e SHARE ERIC.