Il Patrimonio culturale digitale per la promozione del ruolo dei musei

Vincenza Ferrara

Dovrebbe ormai essere stata riconosciuta la funzione educativa del museo e il suo ruolo sociale. L’acquisizione di tale attribuzione, accanto alle altre funzioni come quella di conservazione e di ricerca, suggerisce alla direzione museale di ripensare lo spazio e la comunicazione nel rispetto dell’importante ruolo che ha assunto (o dovrebbe assumere) il visitatore come protagonista delle attività collegate al patrimonio culturale. Lo spazio museale sia fisico che virtuale può essere definito un ambiente di apprendimento realizzando attività e contenuti condivisi per supportare la costruzione di conoscenze, abilità, motivazioni. Partendo dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa agli Stati membri sull’educazione al Patrimonio, approvata il 17 marzo 1998, viene assegnata alla definizione di “educazione al patrimonio” la valenza di modalità di apprendimento basato su metodi educativi attivi, una proposta curriculare trasversale, un partenariato tra i settori educativo e culturale che impieghi la più ampia varietà di modi di comunicazione e di espressione. Possiamo aggiungere quanto sia diventato importante a livello di formazione sia di base che permanente l’integrazione di contenuti formali e non formali per facilitare l’apprendimento. E’ in questo contesto che puo’ essere facilmente leggibile il valore del patrimonio culturale digitale per la produzione di conoscenza e il ritorno in tutela e valorizzazione del bene che viene assunto sempre più come “familiare” assumendo un valore di cittadinanza consapevole da parte di chi ne fruisce.

Secondo gli studi Pedagogici legati al costruttivismo, l’individuo si forma attraverso il percorso di scoperta del sapere e non soltanto attraverso il trasferimento di contenuti formativi. L’oggetto museale ha una notevole potenzialità informativa: per le sue caratteristiche fisiche e materiali, per la sua collocazione geografica, per il suo scopo o funzione, per il contesto nel quale è inserito, per la sua relazione con diverse discipline di studio o di ricerca. Inoltre l’oggetto museale può essere utilizzato come immagine associata a un concetto, ad esempio all’interno di contesti diversi. La possibilità quindi di accedere a tali contenuti digitali da parte degli insegnanti può permettere il disegno di mappe concettuali in un sistema virtuale che può arricchirsi con la produzione di nuovi contenuti in ambito scolastico o di formazione permanente. Il canale digitale può distribuire i contenuti culturali anche nelle classi e in altri luoghi rispetto a dove è situato il Museo e rispondere alle  “richieste” di conoscenze ed approfondimento da parte dei visitatori per tutto l’arco della vita. Ed è proprio in questa direzione che ci indirizza l’Agenda Digitale Europea che ritiene molto importante la condivisione, anche da parte delle istituzioni culturali, dei contenuti stimolandone il loro riuso per attività educative e ludiche. Tale pratica ha reso possibile la promozione di musei e la ridefinizione di spazi e contenuti per coinvolgere nuovi e diversi pubblici alla visita museale. In questo ambito molti sono stati gli studi e le applicazioni collegate a Musei e Gallerie come quelle collegate al Rijskmuseum di Amsterdam o alla fondazione J. Paul Getty che, non solo hanno condiviso il loro materiale digitale ma, ne stimolano il loro ri-uso. Con la condivisione delle risorse digitali del patrimonio e con lo stimolo all’uso e al riuso dei materiali del proprio museo è possibile aprire un dialogo con i diversi pubblici ed è possibile anche favorire la creazione di comunità. Un esempio interessante può essere quello legato al corso di Arte per la formazione del Medico in un corso di laurea di Medicina di Sapienza. Agli studenti viene assegnato il compito di analizzare dal punto di vista “iconodiagnostico” le immagini di alcune opere conservate alla Galleria Borghese per rintracciare eventuali segni patologici. Agli studenti viene richiesto di trovare informazioni storiche artistiche e di fornire le immagini cliniche a sostegno della propria ipotesi e ovviamente si suggerisce di visitare la Galleria. Non solo, in questo modo, viene stimolata la curiosità dello studente verso la singola opera d’arte proposta, ma anche verso la ricerca di altre situazioni analoghe negli spazi museali o in quelli virtuali collegati. Sembra che questo possa rispondere alla domanda a cui questo contributo ha fatto riferimento. La messa a disposizione delle risorse digitali può quindi non solo aiutare alla divulgazione ma anche alla costruzione di conoscenza che può alimentare i contenuti informativi del Museo e produrre maggiore consapevolezza da parte del cittadino riguardo l’importanza del bene culturale e quindi favorirne la sua Tutela e valorizzazione.

Vincenza Ferrara è direttrice del Laboratorio di Arte e Medical Hu­manities della Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Storica dell’arte ed esperta di tecnologie ha come ambito di ricerca l’uso del Patrimonio Culturale come strumento di ap­prendimento, di inclusione sociale e di promozione del benessere adottando metodi innovativi. Svolge attività seminariali e di docenza in corsi universitari di area medica e sanitaria, per la formazione degli insegnanti e operatori museali in relazione ad ambiti legati alla pedagogia, psi­cologia speciale, museologia e Medical Humanities. È Autrice di numerosi articoli scientifici e divulgativi e di testi di presentazione del metodo delle Visual Thinking Strategies e di altre pratiche che utilizzano il patrimonio culturale come strumento utile in ambienti di apprendimento.