“Si può insegnare tutto a tutti”. Storia di un’università sperimentale per adulti.

di Raffaella Calgaro

“Si può insegnare tutto a tutti”. Con questa idea a Rosà, un piccolo paese del vicentino, un professore di storia e filosofia, coadiuvato da un ‘associazione femminile locale, il Centro Italiano Femminile, 25 anni fa ha dato avvio all’Università popolare. Un’università sperimentale da più punti di vista, a partire dalla gratuità dei corsi (al momento all’attivo sono 572 gli incontri organizzati) di chi li prepara e di chi li riceve. Il professore in questione è Silvano Bordignon il quale, ancora oggi, opera sul territorio con professionalità, seguendo con entusiasmo il successo di una sperimentazione avviata nel 1995.

“E’ una esperienza nata dentro la comunità”, afferma il docente “che rimane ancora oggi al di fuori di ogni altra finalità se non quella di garantire ai corsisti un’esperienza di conoscenza profonda, rivolta a più settori del sapere. Non a caso la consegna ai relatori degli incontri è sempre la stessa: dare un’esposizione comprensibile che non significa esposizione di scarso livello. Ed in effetti fin dal primo anno, sono stati avviati temi come la sicurezza domestica e alimentare, le tradizioni popolari, ma anche argomenti letterari, storici e filosofici. Per promuovere una riflessione in una prospettiva più ampia. Ogni anno viene infatti proposto un gruppo di interventi da un punto di vista geologico, geografico, storico, letterario, economico ed artistico appartenenti a una provincia veneta o triveneta. E ‘un modo per approfondire un territorio che molti conoscono magari solo superficialmente, perché già raggiunto negli anni con la propria auto. Viene poi proposta una lettura culturale delle varie comunità e città venete, supportate da visite guidate con esperti.”

Curiosa, e alquanto singolare, è la piena gratuità della proposta formativa dell’Università. Il professore ci spiega le modalità con cui viene formulata.

“Tutti i relatori, che appartengono alla comunità rosatese, ci tengo a sottolinearlo, presentano le loro proposte culturali gratuitamente. Solo ai giovani appena laureati viene riconosciuto un piccolo gettone di presenza, in quanto non ancora inseriti in un ambiente lavorativo. Questo consente una libertà totale di intenti, una partecipazione comunitaria corale e una collaborazione volontaria sempre più diffusa. L’università è dunque gratuita anche se all’inizio di ogni anno è suggerito ai corsisti un piccolo contributo personale di due o tre decine di euro. Sottolineo che il contributo non è obbligatorio ed in effetti molti corsisti frequentano l’Università senza versare nemmeno un euro. Quanto ricavato viene dirottato ogni anno per aiutare ospedali, scuole dell’America Latina, dell’Africa o famiglie italiane colpite da eventi atmosferici avversi e da ultimo, per consegnare borse di studio a studenti bisognosi. L’intento è chiaro: da un gesto di gratuità fattiva dei docenti e dei volontari del Centro italiano femminile, ad un altro gesto di gratuità generosa dei corsisti. Il motivo pedagogico è quello di promuovere un senso di gratitudine, partecipazione e condivisione da parte di tutti.”

Lungo questo arco di tempo, l’Università Popolare di Rosà, che attualmente conta circa 200 iscritti, ha vissuto i rapidi mutamenti dovuti alla rivoluzione digitale e si è adeguata. Accogliendo i contributi positivi dell’evoluzione tecnologica, ha cambiato molti strumenti per la trasmissione della cultura, favorendo un meccanismo di facilitazione del processo cognitivo.

“Nel 1995 ci si trovava in una grande aula della Biblioteca, senza microfoni, senza strumenti audiovisivi” ricorda il professor Bordignon “poi negli anni si è passati ad attrezzature più tecnologiche, fino ad arrivare, da qualche anno, alla trasmissione del sapere presso un moderno teatro, dotato di tutte le strutture, computer, proiettore per power point, proiezione di filmati su uno schermo gigante, molteplicità di microfoni per dialogare con il pubblico. Le lezioni dei relatori si sono affinate grazie all’utilizzo di una strumentazione tecnologica avanzata che permette di spaziare in tempo reale in luoghi prima inaccessibili. Anche i meccanismi di comunicazione tra i corsisti si sono evoluti. Prima il cellulare, poi lo smartphone, hanno permesso di diffondere un sistema reticolare di informazioni altrimenti impensabile. Sono nati così due gruppi Whatsapp, che divulgano informazioni di vario genere, dagli appuntamenti, a commenti sugli argomenti trattati, a spunti di riflessione e di approfondimento. La lezione, in buona sostanza, prosegue anche dopo l’orario prestabilito. La stessa cosa si può dire per Facebook, utilizzato da quasi tutti i corsisti con le stesse modalità.”

Insegnare con questo spirito e con queste finalità significa rompere le barriere di un apprendimento considerato limitato nel tempo, per promuovere un apprendimento permanente. Il processo pone come centralità un rapporto collaborativo tra docente e comunità discente, mettendo a disposizione competenze formali, personali ed esperienziali in modo reciproco. Quanto ha realizzato il professore Bordignon è un esempio di come un’idea possa non solo concretizzarsi nella comunità di appartenenza, ma anche trovare ampia rispondenza presso il territorio circostante dove, nel corso degli anni, sono sorte numerose università con le medesime finalità.