Per un’Europa digitale

A cura di Mario Fois, ISIA Roma Design

Abstract

Riflettere sul futuro delle tecnologie digitali come inizio della costruzione di una strada europea per una nuova cultura digitale. Una cultura lontana da una logica di sfruttamento e controllo che punti invece alla costruzione di un nuovo ‘umanesimo digitale’. In questo contesto anche il design può contribuire ad immaginare scenari e soluzioni per favorire la formazione di una coscienza collettiva e democratica più consapevole.

Reflecting on the future of digital technologies as the beginning of the construction of a European road to a new digital culture. A culture far from a logic of exploitation and control that points instead to the construction of a new digital humanism. In this context, design can also help to imagine scenarios and solutions to foster the formation of a more conscious collective and democratic consciousness.

Quando nel mese di gennaio su sollecitazione di Carmine Marinucci abbiamo iniziato a ragionare con Mauro Palatucci e i nostri studenti dell’ISIA Roma Design Experience su come interpretare in chiave digitale i valori espressi dal manifesto di Ventotene, siamo rimasti colpiti dalla genesi del lucido disegno europeista: merito di un piccolo gruppo di intellettuali in totale isolamento su un’isoletta sperduta in mezzo al mare, con l’eco drammatico di una guerra mondiale.

Confinati e isolati dal mondo, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, personalità provenienti da esperienze e da culture politiche differenti, elaborano un percorso, politico ed esistenziale che li conduce alle idee del Manifesto. Nell’inverno del ’41 arriva sull’isola, quasi messaggio nella bottiglia, un primo libricino di Luigi Einaudi seguito da un paio di volumetti di federalisti inglesi che suggeriscono l’idea centrale del nuovo progetto: sostituire ai nazionalismi «la sobria proposta di creare un potere democratico europeo» come unica soluzione per superare l’autarchia economica degli stati e scongiurare lo spettro della guerra.

La situazione straordinaria in cui viene elaborato il ‘manifesto’ ci appare come uno di quei casi in cui condivisione e dialogo, anche in situazioni limite, possono generare ideali in grado di cambiare il mondo.

Ideali che cominciano a viaggiare con la diffusione del testo stampato clandestinamente e sulle gambe di un ristretto gruppo di coraggiosi per poi, in un contesto in cui il ricordo della guerra è ancora fresco, favorire la nascita delle prime forme di integrazione europea.

Mai però avremmo pensato che solo un mese dopo l’inizio di questi ragionamenti la guerra sarebbe tornata a suscitare riflessioni ed emozioni, costringendoci a ripensare l’idea di Europa non solo come semplice ‘casa comune’ ma come ‘difesa’ dei valori democratici e di libertà.

Una situazione in cui gli ideali federalisti acquisiscono nuovo valore e necessitano, oggi ancor più di prima, di proposte che ne favoriscano la diffusione e la comprensione soprattutto tra le nuove generazioni e, più in generale una riflessione sui futuri sviluppi della tecnologia in rapporto alle istanze democratiche.

Una prima riflessione critica sull’uso delle tecnologie in questo campo può iniziare osservando come la formazione di una coscienza collettiva, e il semplice scambio di opinioni avviene nel nostro tempo.

L’evoluzione digitale infatti, ha portato spesso ad una perdita di occasioni di incontro e di condivisione collettiva di esperienze e passioni rendendo più difficile lo sviluppo di un ‘sentire comune’ come base su cui costruire un’idea di convivenza.

Basti pensare a come, anche nei settori dello svago e del divertimento, si sia trasformata la fruizione di un film o di una partita di calcio: dalla sala o dallo stadio immersi tra i propri simili alla tv osservata in solitaria dal divano, per non parlare della progressiva perdita di rilevanza di comizi o assemblee un tempo fondamentali manifestazioni della politica.

Sono state proposte e sono diventate prevalenti, spesso per questioni commerciali, modalità di fruizione individuali ‘digitali’ che incasellano le esperienze di ogni individuo in campi prestabiliti e controllati da algoritmi, al posto di quelle tradizionali ‘fisiche’ e molto più condivise, dove anche godere di uno spettacolo è spesso l’occasione o il pretesto per incontrare gli altri e scambiare delle opinioni.

Considerando che difficilmente la storia torna sui suoi passi diventa utile riflettere su un diverso paradigma digitale che rimetta al centro l’uomo e le relazioni tra le persone anche e soprattutto attraverso la tecnologia.

Ventotene digitale”, progetto di divulgazione e diffusione dei valori europeisti del “Manifesto di Ventotene” attraverso l’elaborazione di concept che propongono nuove logiche di condivisione, ISIA Roma Design.

Nelle istituzioni europee è ormai chiara la necessità di colmare il divario con l’America e la Cina favorendo la ricerca nel campo delle tecnologie digitali e la loro diffusione nel mercato e, per aiutare cittadini e imprese è stato lanciato il programma ‘Europa digitale’ che affronta i temi del supercalcolo, dell’intelligenza artificiale e delle competenze digitali diffuse. È altrettanto chiara l’esigenza di limitare lo strapotere dei ‘giganti digitali’ USA e il loro ‘disinvolto’ utilizzo dei dati dei cittadini europei e questa consapevolezza è rappresentata dalla attuazione del GDPR (il regolamento europeo per la privacy) e dalle recenti risoluzioni comunitarie sulle attività di Google.

Meno chiara è apparsa fino ad ora la consapevolezza della necessità di una riflessione sul modello di cultura digitale che si vuole perseguire. L’affrancamento dallo strapotere della Silicon Walley, portatrice di un modello dove spesso sono le persone a doversi adeguare alla tecnologia, con i grandi player che promettono di «rendere il mondo più aperto e connesso1» ma in realtà raccolgono una mole immensa di dati che manipolano e rivendono, configurando il più imponente sistema di controllo delle informazioni mai esistito, non costituisce di per sé il tentativo di immaginare un nuovo paradigma culturale.

Ricordare che il ‘web’ nasce da un’idea elaborata al CERN di Ginevra prima di essere ‘regalato’ al mondo dovrebbe far riflettere sulle possibilità e sui limiti del contributo europeo all’innovazione digitale: grandi intuizioni ma scarse capacità di sfruttarle e di mantenerne il controllo.

Proporre come alternativa al modello imperante «un umanesimo digitale (che) non trasforma l’essere umano in una macchina e non interpreta le macchine come esseri umani» potrebbe essere il punto di partenza, uno stimolo per favorire lo sviluppo di progetti digitali che abbiano realmente le persone e i loro diritti al centro e che favorisca la diffusione di ideali di democrazia ed eguaglianza.

La pandemia ci ha fatto capire che è possibile utilizzare le tecnologie digitali ‘anche’ per riavvicinare le persone, ad esempio quando la distanza e l’isolamento non sono una condizione volontaria ma una contingenza per la quale è necessario andare oltre e anche il design europeo può contribuire oggi ad immaginare soluzioni innovative: prefigurare scenari dove attraverso il supporto del digitale sia possibile fare esperienze che ci avviino alla conoscenza della storia e della cultura, allo sviluppo del pensiero e dei valori democratici.

Ad esempio progettare sistemi che consentano di superare le distanze e le differenze culturali e linguistiche che ancora rendono difficile una comunicazione diretta e una reciproca comprensione. Immaginare la mediazione di esperienze immersive concepite secondo un nuovo ‘design delle relazioni’, lontano dall’interferenza e dalla manipolazione di algoritmi nascosti, per recuperare la possibilità di condividere idee e cultura in prima persona in reale ‘connessione’ con gli altri. Immaginare e costruire un’alternativa europea realmente libera e multiculturale, al modello dominante dei social network ‘made in USA’ che contribuisce invece alla creazione di realtà estremamente soggettive e polarizzate che non favoriscono un reale e positivo confronto tra le persone e le diverse opinioni, provocando spesso la negazione del concetto stesso di verità.

Diventa quindi fondamentale pensare e progettare a partire da una logica che vede l’interconnessione tra le parti, persone e luoghi, come un sistema che produce qualcosa di assolutamente diverso dai singoli elementi che lo compongono, dove le dinamiche relazionali innescate fra tecnologia ed essere umano sono realmente pensate a partire dalle esigenze di quest’ultimo in un’ottica di sviluppo collettivo e non di arricchimento di pochi che ne controllano il funzionamento.

Una complessità che potrebbe trovare corrispondenza anche nella concezione federalista e democratica europea che ci costringa a pensare e ad agire secondo una logica in cui il tutto (l’Europa) è diverso dalla semplice sommatoria delle parti che lo compongono (gli Stati nazionali) e in cui l’interconnessione e lo scambio fra i sistemi (le diverse culture europee con le altre culture del mondo) diventa il paradigma dominante attraverso il quale interpretare molte delle trasformazioni e delle crisi in atto per immaginare nuove soluzioni a problemi comuni.

Mario Fois, ISIA Roma Design

Socio fondatore della Vertigo Design opera nel campo del Visual Design negli ambiti dell’immagine coordinata, dell’information design, del multimedia design e dell’allestimento, ed ha realizzato numerosi progetti per aziende ed istituzioni italiane ed internazionali. Insegna comunicazione visiva all’ISIA Roma Design e all’accademia Rufa e ha insegnato presso il Corso di Laurea di Disegno Industriale e al MasterUX dell’Università di Roma La Sapienza.

Con Vertigo Design ha ricevuto una Menzione d’Onore al “Compasso d’Oro” dell’ADI (il più importante riconoscimento del design italiano) e il Premio PA Sostenibile per il Digital Heritage System, collaborando anche alla realizzazione di numerosi mostre ed eventi culturali ricevendo altri riconoscimenti.

È stato redattore della rivista ‘Progetto Grafico’ e collaboratore con ‘diid – disegno industriale’ ed è Art Director della rivista Civiltà delle Macchine. È socio AIAP e BEDA.

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  1. Mark Zuckerberg, 2017
  2. Umanesimo digitale: Un’etica per l’epoca dell’Intelligenza Artificiale, Julian Nida-Rümelin e Nathalie Weidenfeld, 2018