Intervista a Claudia Mazzilli

di Isa Maggi, Stati Generali delle Donne

Proseguono le interviste a cura di Isa Maggi, coordinatrice di Stati Generali delle donne, in questa Rubrica dal titolo “Donne che stanno cambiando l’Italia”. Un nuovo racconto per ispirare e orientare le giovani donne e raccontare vite piene di coraggio e di grande voglia di dare un nuovo inizio all’Italia che verrà. 

Abbiamo scelto la modalità dell’intervista per aprire un colloquio quasi intimo con le professionalità, le passioni, gli impegni e le visioni delle nostre “Signore della Cultura”.

Chi è Claudia Mazzilli?

Claudia Mazzilli insegna Latino e Greco al Liceo classico Cagnazzi di Altamura; cura una rubrica di recensioni di libri per Lunàdigas.com, un progetto multimediale impegnato a scardinare gli stereotipi di genere, soprattutto quelli inerenti alla maternità, spesso rappresentata dalla società come un dovere biologico ineludibile. Dopo molte pubblicazioni accademiche, Claudia è giunta al romanzo con Io sono Medea (Nulla die edizioni, 2021), in cui capovolge il mito della madre infanticida e fa di Medea una donna pacifica e impegnata nella tutela delle donne migranti. Il romanzo infatti è stato schedato da altre biblioteche di genere ed è stato spesso presentato all’interno di iniziative contro la violenza sulle donne per la settimana delle scarpette rosse (https://www.facebook.com/profile.php?id=100073103846124)

Il tuo romanzo Io sono Medea si ambienta nel presente. Qual è l’urgenza, quale l’attualità di questo mito?

Nel mito, Medea, figlia del re della Colchide, aiuta il greco Giasone nella conquista del vello d’oro e poi parte con lui, spinta dalla passione d’amore. Durante il viaggio verso la Grecia il piccolo Absirto è ucciso da Medea, che getta in mare le carni smembrate del fratellino. In Grecia, poi, Medea è ripudiata dal fedifrago Giasone, che vuole contrarre un matrimonio più conveniente; così Medea, ferita e tradita, uccide i figli per vendetta. A questo punto mi sono chiesta: ma è certo che sia stata Medea a uccidere il fratello e i figli, e non invece il crudele Giasone? Come sono andate davvero le cose? Già la scrittrice tedesca Christa Wolf negli anni ‘90 aveva costruito un romanzo su questa ipotesi, nella convinzione che il mito è una costruzione patriarcale. Io però ho voluto riattualizzare il mito in modo ancora più radicale e mi sono chiesta: Medea ha avuto figli? E se si fosse rifiutata di avere da Giasone figli destinati a vivere in una cultura che opprime qualsiasi istanza non conforme alla logica spietata del dominio e della sopraffazione?

Così ho inventato una Medea che non è madre, ma è impegnata in un centro di accoglienza per migranti. Una Medea che non fa violenza, ma la subisce per poi essere colpevolizzata.

Questo riferimento ci fa pensare che in effetti questo non è quello che succede ancora oggi alle donne? Qual è infatti la narrazione che ci viene data dei femminicidi nei giornali e nei telegiornali?

L’omicida è spesso descritto come succube di un raptus; scompare la premeditazione o si insinua che la donna non abbia fatto ben capire l’entità delle minacce a parenti, operatori sociali, forze dell’ordine. O addirittura, se sopravvive alla violenza, le viene chiesto come fosse vestita: persino nei Tribunali, nei luoghi dove dovrebbe essere protetta e risarcita, la donna è colpevolizzata.

Sulle donne gravano ancora sottili o esplicite forme di censura che dipendono da costruzioni culturali distorte, anche quando le violenze non deflagrano in un epilogo tragico e irreversibile come il femminicidio.

Basti pensare ai giudizi che subisce la donna quando, in nome dell’autodeterminazione, decide di non avere figli. Ecco di nuovo le etichette di egoista, snaturata, assassina, come per Medea che, oltre a essere una donna, è anche una straniera, vittima dunque di una doppia stigmatizzazione.

Il tuo romanzo raccoglie amare osservazioni sui diritti umani in generale, a che punto siamo sulla tutela dei diritti?

Siamo in un’epoca di profonda trasformazione dove tutto sembra vacillare, ne sono esempio la crisi mediterranea dei migranti, ma anche il vacillare della Convenzione di Istanbul, un dispositivo giuridico internazionale molto importante contro la violenza patriarcale sulle donne, da cui purtroppo non solo la Turchia ma anche molti altri Stati si stanno gradualmente sfilando.

Qual è la modernità del mito di Medea?

A distanza di migliaia di anni, quale donna non ha subito almeno una volta un’offesa verbale, un giudizio di valore sulle proprie scelte di vita, una discriminazione sul lavoro, una violenza? Ecco la bruciante attualità del titolo: Io sono Medea. Tutte e ciascuna, ancora oggi, siamo Medea, ma essere Medea significa anche reagire a ciò che non ci piace, nella certezza che ogni piccolo gesto può contribuire a creare un mondo più accogliente per tutte e per tutti.

Rassegna stampa

https://www.lunadigas.com/riflessioni/claudia-mazzilli-per-lunadigas/

https://www.facebook.com/photo/?fbid=129933009453493&set=a.119321780514616