Il futuro della città cyborg

Metaprogetto per un ambiente urbano fisico-virtuale

di Mario Fois, ISIA RM

In recent years, the development of high-tech smart cities has made the future of the cyborg city more and more realistic and possible. What has begun to change is the relationship between nature, urban territory, the human body and society, increasingly seen as a complex system functioning on several levels. A system to scale, that of Cyborg City, which seems to question many of the aspects of urban life to which we are accustomed, with individuals enhanced by transhumanism and digital technology that live with ‘normal’ people, buildings equipped with home automation, mobility and infrastructures governed by algorithms that integrate intelligently with nature, all aspects that seem to prefigure the cyborg reality as a hybrid formed by increasingly integrated beings, territories and technologies.

Negli ultimi anni lo sviluppo di smart city ad alto contenuto tecnologico ha reso sempre più verosimile e realistico l’avvento futuro della città cyborg. Ciò che ha cominciato a mutare è il rapporto tra natura, territorio urbano, corpo umano e società, visto sempre più come un sistema complesso funzionante su più livelli. Un sistema a scalare, quello della Cyborg City, che sembra poter mettere in discussione molti degli aspetti della vita urbana alla quale siamo abituati, con individui potenziati dal transumanesimo e dalla tecnologia digitale che convivono con persone ‘normali’, edifici dotati di domotica, mobilità e infrastrutture governate da algoritmi che si integrano in modo intelligente con la natura, tutti aspetti che sembrano prefigurare la realtà cyborg come un ibrido formato da esseri, territori e tecnologie sempre più integrati.

Fig 1
Ambiente di lavoro aumentato 

Ne abbiamo parlato con Ilaria Trapani, Andrea Calderali e con il prof. Alessandro Spalletta (*), autori e relatore della tesi specialistica Cyborg City 2050 all’ISIA Roma Design.

Qual’è il contributo che il design può dare allo sviluppo di un tema così complesso? Credete che sia possibile progettare una realtà ‘a misura d’uomo’ con l’impiego di tecnologie avanzate?

Ilaria Trapani e Andrea Calderari

La futura cyborgizzazione degli esseri umani e lo sviluppo continuo di città intelligenti necessitano di un approccio sistemico per fissare un punto di convergenza tra un mondo fisico e un mondo digitale composto di bit. 

Il design dei sistemi permette di approcciarsi alle sfide future in maniera multidisciplinare: attraverso una visione trasversale in grado di sintetizzare e mediare quelle che sono le evoluzioni in campo tecnologico, sociale e culturale siamo in grado di anticipare in maniera significativa le possibili trasformazioni di una comunità urbana composta da uomini, persone modificate e cyborg per proporre soluzioni innovative e Human / Cyborg centered

Il design, oltre a fornire gli strumenti per una gestione dei progetti complessi, permette di indirizzare gli scenari contemporanei verso soluzioni originali e creative e non semplicemente tecnologiche. 

Fig 2
Cyborg Brain

Il costante sviluppo tecnologico permette la fattibilità realizzativa dei progetti, il design ne permette la sostenibilità a livello sociale. Un pensiero che integra il tecnico con il sociale ci ha permesso di sviluppare strategie in grado di ipotizzare strumenti e metodologie volte al benessere delle comunità urbane. 

Ad oggi viviamo in un mondo in cui costantemente vengono prodotti e analizzati grandi quantità di dati: la condivisione, l’accesso e la messa a sistema delle informazioni che riguardano la città e i cittadini è un aspetto fondamentale per promuovere nuove forme di collaborazione tra le comunità urbane potenziate e non.

La chiave per innestare i processi collaborativi è un approccio bottom-up basato sul pieno coinvolgimento nei processi di sviluppo urbani e la fiducia dei cittadini nei confronti delle amministrazioni locali e della comunità. Le logiche open source attualmente consentono di incentivare sistemi informatici collaborativi nei quali ognuno è in grado di modificare il funzionamento, correggere eventuali errori, ridistribuire a sua volta la versione da lui elaborata. Una piattaforma open source sulla città, per la comunità locale, fornisce un ambiente di collaborazione completamente diverso dalle tradizionali strutture di governance.

Fig 3
Visione del tessuto urbano aumentata da elementi fisici dislocati nella città

​​Alessandro Spalletta

L’aspirazione ad una società ‘umanocentrica’ ha costituito nella storia il supporto teorico che ha permesso di influenzare molte delle importanti trasformazioni avvenute, in grado di condizionare il miglioramento della qualità della vita sotto differenti aspetti: economico, sociale, culturale. Un passaggio determinante per riferire all’umano la centralità dell’essere e la ragione di pensare tutto in sua funzione.

Approccio sicuramente valido, se visto come impulso necessario per migliorare le condizioni esistenti, operando sempre per il raggiungimento di qualità della vita accettabili o addirittura soddisfacenti per tutti, sempre rispetto agli iniziali sistemi sociali di riferimento.

Per chi si occupa di design adottare la definizione di “uomo al centro del progetto” ha significato, è in parte ancora significa, un riferimento culturale importante che porta a valorizzare tutti gli elementi utilizzabili come parametro qualitativo ed etico della progettazione a “misura d’uomo”.

Fig 4
Visione della città aumentata sul piano virtuale

L’esponenziale evoluzione tecnologica e sociale che ci sta conducendo verso repentini cambiamenti, ci ha indotto a reinterpretare il concetto di progetto a “misura d’uomo”, ipotizzando una più complessa strutturazione della società in cui gli umani possono assumere livelli diversi di modificazione fisico-cognitiva.

La nuova stratificazione sociale, che definisce alcuni esseri come “umani”, o come “temporaneamente potenziati” con device, o ancora come “cyborg” definitivamente accresciuti non solo nelle funzioni fisiche ma anche cognitive, (come dimostrano le ultime ricerche del progetto neuralink di Elon Musk), legata a un’altra stratificazione immateriale rappresentata dai dati, dalla loro generazione, archiviazione, elaborazione e utilizzo, richiede un nuovo sistema e modello di riferimento e un cambiamento di paradigma che consenta di gestire le nuove relazioni e le mutate esigenze di tutti i soggetti che vivono nelle realtà urbane.

Fig 5
I tre piani della città: fisico, fisico-virtuale, virtuale

Il design, ed in particolare il “design dei sistemi”, per sua peculiare caratterizzazione interviene sugli scenari e sulla mappatura dei sistemi esistenti, analizzando o progettando le relazioni tra i diversi attori coinvolti: ad esempio nei contesti urbani, come nel caso della tesi a cui ci riferiamo, “La città Cyborg” di Ilaria Trapani e Andrea Calderari.

Il design in questo caso, rimodula le relazioni tra le nuove figure di “umani potenziati”, che si aggiungono all’umano, ripensando e proponendo un contesto adattivo, condiviso e sostenibile, favorito dalle nuove tecnologie.

Che opportunità e quali rischi intravedete nell’immaginare la città cyborg del futuro? Il rischio di una società ipercontrollata come potrà essere evitato?

IT e AC

Pensiamo che il ruolo del designer riguardi, oltre la capacità di proporre soluzioni innovative attuabili all’interno di sistemi complessi, quello di individuare le nuove problematiche legate allo sviluppo tecnologico, selezionando i nodi sistemici su cui intervenire positivamente attraverso progetti realmente efficaci. Ad oggi le tecnologie di condivisione, accesso e messa a sistema dei dati riguardo le città e i cittadini possono essere utilizzate con differenti approcci, tra cui i due principali top-down e bottom-up.

Fig 6
Nodi del sistema

Il rischio è quello di progettare sistemi-città iper-tecnologici ignorando i problemi che possono scaturire da un monitoraggio eccessivo da parte di attori pubblici e privati, a discapito delle libertà e della privacy dei cittadini. In uno scenario futuro l’uomo, attraverso dispositivi e implementazioni cyborg, arriverà ad essere un produttore di dati costante e senza interruzione.

Il ruolo di noi progettisti è di contribuire a creare una rete multidisciplinare fatta di tecnici, giuristi, sociologi e politici che sviluppino soluzioni integrate attraverso un approccio distribuito, trasparente e non centralizzato alla città, ricordando sempre che la smart city in primis deve tutelare il cittadino smart dove vive, lavora e svolge le proprie attività.

AS

Come già detto da IT e AC, il designer è colui che, anticipando possibili scenari, pone le domande a cui dare risposte progettuali creando ulteriori opportunità di sviluppo. L’esplorazione di nuovi contesti o contesti trasformati, e la formulazione progettuale delle nuove relazioni che si sviluppano al loro interno, può elevare il rischio di generare criticità, in questo caso identificabili con una potenziale nascita di una società ipercontrollata.

Se però ci si basa sull’assunto che sia necessario rivedere le attuali logiche di governo di chi opera e di chi controlla, dando maggiore capacità di verifica, generazione e attuazione del cambiamento agli smart citizen, utilizzando una tecnologia evoluta che permetta di accelerare la gestione dei processi che i cittadini richiedono, questo rischio può essere drasticamente ridotto se non addirittura superato.

Fig 7
Gradi di modificazione cyborg

Come dovrà essere gestita la convivenza tra persone ‘non aumentate’ e umani cyborg? sarà necessario ripensare a nuove regole e modalità di convivenza?

IT e AC

Con la Cyborg City 2050 è stata avviata la metaprogettazione di un sistema che vede la città come una piattaforma per promuovere la cooperazione collettiva di tutti gli stakeholder interessati. Se le smart city possono essere viste come un “sistema di sistemi” (Fistola & La Rocca, 2013), la città intelligente abitata da una cittadinanza eterogenea può essere intesa come un luogo di incontro dove il settore pubblico, il privato e i cittadini possono generare nuovo valore, collaborando tutti insieme all’innovazione.

In questo sistema i dati, le piattaforme, le interfacce e il cloud agiscono da intermediari a disposizione dei cittadini, permettendo a qualunque grado di “modificazione umana” di partecipare attivamente alla gestione della città, senza vedersi preclusa nessuna possibilità, mentre invece le istituzioni abilitano l’interazione di più attori sia sul piano fisico che sul piano digitale. Nel nostro progetto ci siamo concentrati in particolare su quella che abbiamo definito la visione ‘eterogenea’ della città. 

Abbiamo immaginato uno spazio in cui il fisico è ibridato al digitale, fattore che permette un alto grado di personalizzazione della visione soggettiva della città da parte di ogni cittadino, determinando una visione ‘eterogenea’ che è la sintesi delle informazioni visibili a tutti: attraverso questa visione il piano fisico-virtuale si presenta come “progetto emergente” delle scelte e necessità collettive.

La visione eterogenea è un livello di informazione che opera per sintesi e clusterizzazione. La visione eterogenea è il minimo comune denominatore degli elementi accessibili alla cittadinanza a prescindere dal grado di modificazione (e potenziamento tecnologico) del singolo cittadino. Più la visione eterogenea è ricca e complessa più la città dimostra di adempiere all’obiettivo di inclusione per tutti i cittadini.

Per permettere che la visione del fisico/digitale sia accessibile a chiunque, a prescindere dalle modificazioni cyborg, proponiamo come soluzione un arredo urbano metamorfico, che adatta la sua conformazione all’esigenza situazionale e alle esigenze funzionali a cui deve rispondere. L’esperienza fisica/virtuale della città è garantita dalla presenza di marker, elementi fisici e virtuali, attraverso cui il cittadino può interagire durante i suoi percorsi urbani. 

Fig 8 
Visione del fisico e del virtuale

AS

Alla base della strategia in grado rendere accessibile a tutti la “visione eterogenea” viene proposto il paradigma della cooperazione tra le parti del sistema (istituzioni, cittadini normodotati, persone modificate e cyborg) che, in maniera attiva ed estremamente rapida sono in grado di prendere decisioni condivise, capaci di influenzare e modificare il piano fisico-virtuale della città, modellandolo sulle nuove necessità.

Questo concetto potrebbe essere paragonato a una democrazia adattiva che costantemente elabora e ridefinisce gli aggiustamenti necessari a rendere più fluido e veloce il cambiamento verso una direzione condivisa e sostenibile, sempre basata sui valori etici della società.

Regole emergenti e non imposte, finalizzate a ristabilire coscientemente i nuovi equilibri di un sistema dinamico, paragonabile a quanto accade ad un organismo vivente che modifica costantemente le sue necessità funzionali in base alle esigenze immediate per tornare poi a definire un nuovo status quo.

Il lavoro di IT e AC non ha la presunzione di risolvere l’intero sistema con tutte le problematiche che esso comporta, ma quella di prefigurare ed orientare i suoi possibili sviluppi proponendo alcune linee guida per la sua gestione dinamica.

Quale metodologia avete impiegato per costruire la vostra ipotesi di scenario per la città futura?

IT e AC

Il processo metodologico ha seguito varie fasi: innanzitutto è stato necessario svolgere una ricerca approfondita e multidisciplinare per comprendere in ambito teorico quali futuri e quali scelte si prospettano per le città e per i cittadini del futuro. Ci siamo confrontati con studi e paper scientifici e antropologici, con dibattiti accademici riguardo il futuro dell’urbanizzazione e dei modelli di cittadinanza.

Iniziando a chiarire il quadro con cui dovevamo confrontarci siamo passati ad una fase convergente di queste informazioni. In team e individualmente abbiamo formulato concept iniziando con ipotesi immaginifiche per arrivare a soluzioni fattibili. Contemporaneamente ci siamo sempre confrontati con le ricerche in atto sulle stesse tematiche, svolte sia da studi di progettazione che in ambiti accademici.

Il lavoro è stato costantemente monitorato da docenti di materie differenti, così da integrare punti di vista anche molto diversi tra loro. Solo alla fine, dopo innumerevoli post-it attaccati su bacheche fisiche e virtuali, sottolineature e mappe di sistema, è stato redatto il progetto di tesi in forma testuale.

Quali sono state le vostre fonti d’ispirazione, a livello letterario e cinematografico, per ricostruire il vostro immaginario cyborg?

IT e AC

Le nostre fonti di ispirazione sono varie ed eterogenee, alcune affini direttamente al tema della città intelligente ed altre apparentemente molto lontane. 

Nell’immaginare un mondo in cui gli oggetti fisici “inanimati” prendono vita per aiutare il cittadino a vivere una città in maniera partecipata e rispettosa della comunità, la prima ispirazione viene dal mondo dell’infanzia e in particolare dai fumetti della Pimpa di Altan.

Nel mondo della Pimpa infatti gli oggetti animati permettono al protagonista che è alla scoperta del mondo, di vivere avventure in maniera attiva e partecipata. Allo stesso modo abbiamo pensato che le future tecnologie cyborg possano essere amplificatrici delle possibilità di scoperta e fruizione della città e non semplicemente dei facilitatori con cui confrontarsi in maniera passiva nella routine quotidiana.

Tornando ai giorni nostri, una fonte in ambito del design e della cinematografia viene da Keiichi Matsuda che, con i suoi progetti visivi, esplora il rapporto tra fisico e virtuale in un mondo in cui la tecnologia trasforma la società e fa nascere nuove realtà ibride. 

Altri riferimenti vengono da programmi televisivi come la serie Altered Carbon di Richard Morgan che, attraverso la finzione, esplorano i problemi e le conflittualità che nascono dalla tecnologia e l’interferenza rispetto al concetto stesso di vita umana.

Infine per produrre i materiali visivi ci siamo ispirati al mondo del fumetto, dai colori e le rappresentazioni dei mondi fantastici di Moebius alle storie di artisti contemporanei come LRNZ, fumettista e docente di Video Animation nella nostra accademia di design.

Come si lavora all’ISIA per affrontare tematiche così complesse? Quali metodologie di ricerca e sviluppo del progetto avete utilizzato?

IT e AC

In Isia gli studenti vengono incentivati ad inseguire i propri Bisogni e Sogni in ambito progettuale: ad esempio da un corso come quello di Design dei Sistemi possono prendere forma progetti molto differenti per ambiti e applicazioni. Fondamentale è l’apporto di docenti provenienti da ambiti diversi allo sviluppo di un singolo progetto: attraverso punti di vista differenti, a volte anche divergenti e in contrasto tra loro, noi studenti siamo incentivati ad esplorare a 360 gradi gli aspetti riguardanti tematiche di ricerca e sviluppo.

Spesso i docenti incentivano gli studenti a seguire un metodo che alterna fasi di ricerca, fasi di concept e fasi di sviluppo attraverso momenti divergenti e convergenti. 

AS

Rispetto alla suggestione che emerge nella prima parte della risposta di IT e AC, dove si citano “Sogni e Bisogni” in ambito progettuale, mi preme fare una puntualizzazione che vuole ricollegare a questi termini la metodologia seguita da alcuni corsi all’interno dell’ISIA, in particolar modo da quelli che hanno una finalità esplorativa, come ad esempio “Design dei Sistemi”.

L’ISIA Roma Design è luogo di didattica finalizzata alla formazione e al contempo occasione per la ricerca e propone, in particolare al biennio, sia ragionamenti progettuali su tematiche di particolare interesse culturale che analisi dei cambiamenti, con l’obiettivo di sviluppare la capacità di rispondere sapientemente con il progetto alle nuove opportunità.

L’interesse e la finalità di questa metodologia flessibile e adattiva, così come avviene nei sistemi autopoietici che si trasformano attraverso gli input stessi che il sistema vivente genera, modificando continuamente la struttura del sistema stesso fino a giungere a nuovi equilibri, è quello di formare i ricercatori ad una metodologia dinamica, basata su un modello non lineare che sia più associabile ad un pattern adattivo: una griglia strutturale e concettuale in grado di deformarsi ed adattarsi, variando le relazioni tra i nodi e in definitiva le sue qualità.

(*)

Alessandro Spalletta è Vicedirettore, responsabile della Ricerca e professore presso l’ISIA di Roma.

Industrial designer. Tra i fondatori di una delle agenzie romane, attive nel design, cinema e TV, nelle arti e nella grafica (21 LAB), ha ideato e sviluppato prodotti e progetti per diversi brand italiani e internazionali: Slamp, Tim-Alitalia, Ford, Toyota, Ferrero, Enel, Disney, Nestlé; si è occupato nella sua carriera di progetti di allestimenti e mostre per musei ed esposizioni in diverse città Italiane come Roma, Milano, Trieste . Ha progettato exhibit interattivi per importanti trasmissioni scientifiche come SuperQuark e ideato set e filmati per Fox/SKY e Studio Universal.

Alessandro is Deputy Director and Professor at the ISIA in Rome.

Industrial designer. Among the founders of one of the Roman agencies, active in design, film and TV, in the arts and graphics (21 LAB), he has designed and developed products and projects for several Italian and international brands: Slamp, Tim-Alitalia, Ford, Toyota, Ferrero, Enel, Disney, Nestlé. In his career, he has been involved in museum and exhibition projects in several Italian cities such as Rome, Milan and Trieste. He has designed interactive exhibits for important Italian scientific broadcasts such as SuperQuark and designed sets and films for Fox/SKY and Studio Universal.

Andrea Calderari

Calderari è neolaureato in Design dei sistemi con orientamento “prodotti e servizi” presso l’ISIA Roma Design ed è attualmente impegnato in svariati progetti come Industrial Designer.

Ilaria Trapani

Ilaria Trapani è neolaureata in Design dei sistemi con orientamento alla comunicazione presso l’ISIA Roma Design e attualmente collabora con l’Istituto come cultore della materia in “Innovazione tipologica”.