La scuola italiana deve occuparsi di comunicazione digitale

di Giuseppe Lanese

Da un po’ di tempo a questa parte – grazie anche alla moltiplicazione sul web di gruppi e community di settore e alla diffusione sempre più capillare di news, dovuta ai Social – la “S” di scuola è diventata una delle priorità nella scelta da parte delle redazioni su quali informazioni diffondere al pubblico. Non esiste giorno dove questa o quella notizia legata al mondo dell’istruzione non figuri sulle prime pagine dei nostri quotidiani o non invada tv o media on-line. Le motivazioni sono diverse e vanno approfondite.

Innanzitutto perché il mondo della scuola e (dell’istruzione più in generale) riguarda tutti noi con più di otto milioni di studenti solo in Italia e un milione circa di personale scolastico. Ognuno, dunque, ha un figlio, un nipote, un fratello, qualcuno della famiglia che studia, che frequenta corsi universitari, che lavora o che si interfaccia con questo universo. Parlare di scuola, quindi, interessa tutti. E’ sulla qualità della scuola e del sistema d’istruzione, poi, che un Paese costruisce il proprio futuro. Inoltre, la “scuola” abbraccia anche altri criteri di notiziabilità dei media (cronaca, lavoro, economia). Ma se da un lato c’è sempre più attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica verso tutti gli aspetti che riguardano questo settore, dall’altro lato lo stesso mondo dell’istruzione sembra trovarsi impreparato ad affrontare e gestire tutto questo interesse nei suoi confronti. Come regolarsi davanti ad un flusso di notizie che invade ogni giorno stampa, tv, web e social?

La risposta (anche per chi lavora nel mondo dell’istruzione) potrebbe essere quella di imparare a comunicare in maniera efficace. Gli studenti, ma anche i docenti devono poter acquisire le giuste competenze per comprendere i nuovi scenari della comunicazione digitale, saper districarsi nel vasto universo dei social, saper individuare una notizia vera da una “fake news”, pubblicare testi, foto e video senza commettere reati di diffamazione. Contribuire a limitare il linguaggio d’odio (hate speech) diffondendo, al contrario, una “comunicazione gentile”. Contrastare e prevenire le derive del web, come il fenomeno del cyberbullismo.

Le scuole, dal canto loro, devono possedere la giusta organizzazione, le tecniche e le competenze per confrontarsi in maniera efficace con gli studenti, i docenti, le famiglie e i vari stake holders, attraverso l’aiuto di professionisti che siano in grado di raccontare quello che accade ogni giorno sia all’interno che all’esterno delle aule, degli istituti, degli atenei, degli uffici centrali e territoriali del Ministero dell’Istruzione. D’altronde, se oggi si considera la scuola come “Scuola di Comunità” e punto di riferimento per la crescita educativa e formativa di ogni singolo territorio, non si può pensare all’assunzione di un ruolo così importante senza possedere capacità di leadership e di comunicazione interna ed esterna che siano professionali e, dunque, efficaci.

Ma la domanda che dovremmo porci è: in che modo le scuole possono acquisire questo tipo di competenze? Il contratto della scuola (CCNL 2016-2018 firmato il 19 aprile 2018)[1] ha cercato di dare qualche risposta prevedendo, all’art. 59 [2] l’istituzione di “nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione”.

L’obiettivo è quello di migliorare le attività di informazione e di comunicazione svolte dalle pubbliche amministrazioni. In che modo? Gestendo e coordinando i processi di comunicazione e informazione esterna ed interna; le procedure interne per la comunicazione istituzionale; la gestione dei siti internet; la promozione e cura dei collegamenti con gli organi di informazione; la gestione degli eventi. Nel testo si spiega che la nuova “area professionale” potrà essere oggetto di ulteriore approfondimento nell’ambito dei lavori della “Commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale” (art. 44 CCNL 2016-2018). Al momento, però, la questione è in standby. C’è ancora da lavorare, dunque, ma la strada verso la strutturazione di queste nuove figure professionali in ambito scolastico è aperta.

Crediamo siano maturi i tempi per prevedere, in ogni Istituto, la figura del “Comunicatore scolastico” o “Referente per la comunicazione”, come già accade per gli Atenei o gli Uffici Scolastici Regionali. Una figura che non si occupi solo di gestione della comunicazione interna od esterna di un istituto, ma che sappia anche pianificare e progettare interventi educativi e formativi (rivolti a studenti, docenti e famiglie) sui temi della “media-education”.

Una figura che possa essere interna (docenti individuati e dotati di apposite competenze tecniche: giornalisti, comunicatori, ecc.) o esterna, attraverso la costituzione di accordi o protocolli tra scuola e associazioni professionali (Ordine dei Giornalisti, Assostampa, Associazioni di settore, ecc.). Se vogliamo tracciare un parallelo tra il settore dell’innovazione-digitale e quello della comunicazione, la nuova figura del “Referente della comunicazione” potrebbe realizzare in termini di “Educazione ai media” ciò che il docente “Animatore digitale” sta portando avanti sul tema del digitale nelle scuole.

La “media education”, tra l’altro, è contemplata nell’azione 14 del PNSD[3] (Piano Nazionale Scuola Digitale). Inoltre, si collega anche allo studio dell’Educazione civica (e quindi all’Educazione alla cittadinanza digitale), materia diventata curriculare nelle scuole di ogni ordine e grado con 33 ore annue e il voto in pagella. Parlando di comunicazione digitale nelle scuole, dunque, non si può prescindere dallo strutturare percorsi di “educazione ai media” in termini pedagogici e formativi che non siano professionali ed eticamente efficaci. Le azioni da portare avanti nelle scuole dovrebbero riguardare, quindi, una serie di passaggi fondamentali:

  • Organizzare attività formative per studenti, docenti e famiglie con l’ausilio di professionisti della comunicazione digitale;
  • Contribuire a creare una cultura della comunicazione eticamente efficace;
  • Creare consapevolezza circa l’uso corretto del web e dei social media;
  • Contrastare il linguaggio d’odio e guidare verso la pratica della comunicazione gentile.

Ma alle scuole serve un Comunicatore anche per ragionare in termini di “brand”. L’autonomia scolastica, infatti, rende i nostri istituti flessibili e dinamici: in termini di offerta formativa, ma anche in riferimento all’organizzazione e alla gestione dei processi.

Le scuole possono creare partnership, accordi di cooperazione e di rete, fare progettazione nazionale ed europea. Oggi non è più un azzardo parlare di “brand scolastico” e anche di un piano di marketing collegato alla crescita e allo sviluppo dei singoli istituti. In questo percorso, una corretta strategia di comunicazione può giocare un ruolo decisivo.

Giuseppe Lanese. giornalista, comunicatore, formatore. Resp. Comunicazione USR Molise. Comitato scientifico Osservatorio nazionale comunicazione digitale PASocial e Ist. Piepoli

SITOGRAFIA:

[1] http://3.flcgil.stgy.it/files/pdf/20180419/ccnl-istruzione-e-ricerca-2016-2018-del-19-aprile-2018.pdf

2) http://3.flcgil.stgy.it/files/pdf/20180419/ccnl-istruzione-e-ricerca-2016-2018-del-19-aprile-2018.pdf

3) https://www.miur.gov.it/documents/20182/50615/Piano+nazionale+scuola+digitale.pdf/5b1a7e34-b678-40c5-8d26-e7b646708d70?version=1.1&t=1496170125686