Intervista a due voci con Antonio Felice Uricchio (Presidente dell’ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) e Claudio Caldarola (Avvocato, Presidente GP4AI – Global Professionals for Artificial Intelligence)
sui limiti e le opportunità dell’AI Act, il ruolo della fiscalità digitale e la sfida educativa di una nuova cittadinanza algoritmica.

1) Prof. Uricchio, Prof. Caldarola, il vostro volume esplora l’intelligenza artificiale come fenomeno giuridico e sociale. Come ritenete che l’AI Act possa incidere realmente sulla tutela dei diritti fondamentali in Europa?

Antonio Felice Uricchio
L’adozione dell’AI Act da parte dell’Unione Europea costituisce una pietra miliare nella definizione di un ordinamento digitale euroipeo rispettoso dei diritti fondamentali che appartengono al comune patrimonio giuridico comune europeo. Si tratta di una risposta normativa di ampio respiro, ispirata a una visione della tecnologia centrata sulla persona e alimentata dalel garanzie della trasparenza.
Perché questa infrastruttura giuridica possa tradursi in garanzie effettive, è necessaria una governance multilivello, che veda il coinvolgimento delle istituzioni europee, delle autorità nazionali indipendenti e delle comunità educanti. Solo così sarà possibile assicurare che la centralità della persona, la tracciabilità delle decisioni automatizzate e la trasparenza algoritmica diventino i tratti qualificanti del nuovo costituzionalismo digitale europeo.

Claudio Caldarola
Il Regolamento UE 2024/1689, noto come AI ACT, rappresenta il primo pilastro di un “costituzionalismo digitale emergente”. Non è un semplice strumento tecnico, ma un atto giuridico sistemico, in grado di armonizzare l’innovazione con la tutela della dignità umana. La sua architettura, fondata su una tassonomia del rischio, consente di graduare gli obblighi secondo l’impatto sui diritti e sugli equilibri democratici.
L’aspetto determinante risiederà nella capacità di scongiurare derive formalistiche e di garantire un’effettiva efficacia applicativa, promuovendo una cultura della responsabilità algoritmica che superi la logica della mera conformità documentale. L’AI Act deve essere presidio sostanziale di giustizia tecnologica, non semplice orpello regolatorio.
2) I vostri contributi analizzano anche le implicazioni fiscali, etiche e operative dell’economia dell’intelligenza artificiale. In che modo va ripensato il concetto stesso di tassazione e responsabilità digitale?
Uricchio
L’economia dell’intelligenza artificiale sfida i paradigmi tradizionali della fiscalità, imponendo una revisione strutturale dei criteri di imposizione in un contesto sempre più dematerializzato. La disintermediazione algoritmica e la volatilità delle basi imponibili impongono soluzioni innovative, orientate alla giustizia fiscale e alla sostenibilità democratica.
Nel nostro volume si sottolinea la necessità di una fiscalità algoritmica fondata su trasparenza, equità e tracciabilità del valore generato nel cyberspazio, integrata nei nuovi modelli di governance dei dati e degli algoritmi.
Caldarola
La responsabilità digitale non è solo una questione tecnica o regolatoria bensì è anche una questione di etica pubblica. Tassare le piattaforme digitali significa redistribuire potere, riequilibrare l’asimmetria tra algoritmi e diritti, tra economia e cittadinanza.
L’intelligenza artificiale disarticola le catene tradizionali del valore e impone un ripensamento delle funzioni redistributive del diritto tributario. La fiscalità, in questa prospettiva, riacquista il proprio ruolo di strumento di coesione sociale e giustizia intergenerazionale.
3) Quali sono, nella vostra visione, i limiti più rilevanti dell’attuale AI Act? Si può considerare sufficiente o rappresenta solo un punto di partenza verso un nuovo diritto costituzionale digitale?
Uricchio
L’AI Act rappresenta un progresso normativo straordinario, ma non esente da criticità. La prevalenza di meccanismi di autocertificazione ex ante rischia di indebolire le garanzie, affidando ai soggetti regolati il controllo del rispetto delle norme.
È necessario rafforzare i poteri delle autorità competenti e assicurare la piena giustiziabilità dei diritti lesi. Il rapporto tra intelligenza artificiale e potere pubblico impone un ripensamento costituzionale profondo, che ridefinisca i confini tra libertà individuale, potere tecnologico e funzione pubblica.
Caldarola
Il Regolamento è un punto di inizio, non di arrivo. Rappresenta il primo capitolo di una “stagione costituente” per il diritto europeo, chiamato a costruire un equilibrio tra potere computazionale e garanzie democratiche.
La sfida è pensare un diritto che non solo regolamenti i rischi, ma che generi nuovi diritti, nuove istituzioni e nuove forme di partecipazione, in grado di rendere l’IA uno strumento di emancipazione e non di subordinazione.
4) Come si integrano le attività dell’ANVUR e di GP4AI nella sfida dell’intelligenza artificiale, anche sul piano della valutazione delle competenze e della qualità della ricerca?
Uricchio
L’ANVUR è investita della responsabilità di garantire la qualità della ricerca e della formazione superiore, anche nell’era delle decisioni automatizzate. È nostro dovere assicurare che l’impiego di sistemi intelligenti nei processi valutativi risponda a criteri di legalità, trasparenza e replicabilità.
L’intelligenza artificiale può diventare strumento di rafforzamento dell’efficienza valutativa, ma solo se incardinata entro una cornice metodologica rigorosa e costituzionalmente orientata. In questa prospettiva, promuoviamo una cultura della valutazione fondata sulla legalità algoritmica e sulla responsabilità pubblica.
Caldarola

Dal 2018 GP4AI (www.gp4ai.com) è un Ente del terzo settore italiano che connette competenze, esperienze e istituzioni, favorendo la promozione di una cultura critica e intergenerazionale, interprofessionale e internazionale dell’innovazione.
Il dialogo permanente con le istituzioni, le università, le imprese e la società civile testimonia il nostro profondo impegno per un’intelligenza artificiale che sia al servizio della persona umana e della democrazia costituzionale.
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5) L’intelligenza artificiale è anche una questione educativa. Come dovrebbe essere introdotta nei curricula universitari e nella formazione permanente di docenti e professionisti?
Uricchio
È urgente sviluppare una strategia educativa sistemica che promuova la cultura dell’intelligenza artificiale sin dai primi cicli scolastici, fino alla formazione avanzata. L’università deve integrare etica, diritto, tecnica e società in percorsi interdisciplinari e transdisciplinari.
La formazione dei docenti e dei dirigenti pubblici deve essere orientata alla consapevolezza critica e alla capacità di governo delle tecnologie emergenti, per formare classi dirigenti capaci di esercitare la responsabilità pubblica nella società digitale.
Caldarola
Le comunità educanti sono il cuore pulsante della cittadinanza democratica. Non possiamo concepire l’intelligenza artificiale come un mero oggetto tecnico, ma come strumento di libertà e di partecipazione.
Formare alla lettura, interpretazione e regolazione dei processi algoritmici significa formare cittadini consapevoli. GP4AI promuove iniziative formative che mettono al centro il sapere critico, la dignità della persona e la responsabilità generazionale.
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6) Un’ultima riflessione. Quale messaggio volete rivolgere alle nuove generazioni che oggi vivono e studiano nell’era dell’intelligenza artificiale?
Uricchio
L’intelligenza artificiale rappresenta una responsabilità di portata storica, ma anche un’opportunità straordinaria per ripensare i fondamenti della convivenza civile. Ai giovani diciamo: siate protagonisti attivi e consapevoli della transizione digitale.
Abitate la tecnologia con spirito critico, custodite la persona al centro dell’innovazione. Il futuro non è un destino già scritto, ma un’opera da costruire insieme. A voi spetta il diritto al futuro; a noi il dovere di accogliere la vostra intelligenza, la vostra vitalità, la vostra speranza, la vostra visione.
Caldarola
Alle giovani generazioni che oggi vivono e si formano nell’era dell’intelligenza artificiale, desidero rivolgere un messaggio di fiducia e di responsabilità. L’intelligenza artificiale non è una realtà neutra, né un destino ineluttabile. È il riflesso di scelte culturali, architetture valoriali, orientamenti progettuali. Il suo sviluppo, le sue applicazioni, la sua incidenza sulla vita collettiva dipenderanno dalle decisioni che saprete maturare con consapevolezza, rigore e sensibilità. Vi invito a non temere la complessità. Interrogate la tecnologia, esploratene i limiti e le potenzialità. Ma, soprattutto, non rinunciate a chiedervi sempre perché. Cercate il senso, oltre l’efficienza. Domandatevi per chi e a quale fine si sviluppa un sistema, si modella un algoritmo, si automatizza una funzione. Viviamo in una stagione che esige coraggio culturale. Non basta la competenza tecnica perché occorre anche una visione profondamente etica, un impegno civico, una tensione ideale. E in questo orizzonte, assume valore decisivo l’attenzione all’altro come opposizione all’indifferenza, come capacità di riconoscere che l’altro conta, che il mondo non è una risorsa da sfruttare ma una rete meravigliosa di relazioni da proteggere e valorizzare.
È proprio l’attenzione all’altro che umanizza l’intelligenza umana e in un certo senso restituisce dignità anche alla tecnica. È qui che la conoscenza si fa responsabilità, che l’innovazione si radica in una prospettiva autenticamente democratica e solidale.
A voi, dunque, il compito più alto cioè quello di trasformare l’intelligenza artificiale in un progetto di civiltà. In un’opportunità per rafforzare la giustizia, generare fiducia, costruire futuro. Il cambiamento non va solo gestito. Va orientato. E il tempo per farlo è oggi. “Welcome to the future…”